martedì 9 novembre 2010

Pompei

"Non posso non rispondere a tutti coloro che hanno guardato all’Italia dandone una versione assolutamente caricaturale e lontana dalla realtà. Io li invito a venire a godere di qualcosa che il governo Berlusconi evidentemente non è riuscito a negare, cioè del sole, della bellezza, dei centomila monumenti e chiese dell’Italia, dei tremilacinquecento nostri musei, dei duemilacinquecento siti archeologici, delle quarantamila case storiche dell’Italia che non siamo riusciti a distruggere in questi due anni."

lunedì 6 settembre 2010

sabato 21 agosto 2010

Le barzellette del Littorio

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Panorama di giovedì 26 agosto 2010, pagina 87
Cane sciolto - di Feltri Vittorio

Fini ha sbagliato a non raccontare tutto. Un uomo delle istituzioni non può esporre se stesso e la sua carica a una figuraccia

Molti lettori mi chiedono con insistenza come si concluderà, e con quali conseguenze, la vicenda di Gianfranco Fini e dell'appartamento di Montecarlo al centro di infuocate polemiche. E sinceramente non so come rispondere. Non perché voglia mantenere chissà quali segreti di cui peraltro non sono depositario: semplicemente non ho la più pallida idea del motivo che spinge il presidente della Camera a negare l'evidenza. E cioè che quell'alloggio nel principato è stato oggetto di trattative poco chiare ed è finito inspiegabilmente nell'orbita della sua famiglia, per l'esattezza a disposizione del «cognato» Giancarlo, fratello di Elisabetta Tulliani. Eppure quell'alloggio, secondo la volontà della nobildonna che lo ha lasciato in eredità ad Alleanza Nazionale, doveva servire a finanziare una «buona battaglia» del partito e non ad arricchire il patrimonio immobiliare di qualcuno. Detto questo, Fini se fosse stato furbo avrebbe detto subito la verità, senza cercare di sorvolare sulla questione, manifestando per giunta insofferenza verso i giornalisti impegnati a risolverla.

Ora è tutto maledettamente complicato. Succede sempre così. Si comincia con una omissione, si aggiunge una piccola bugia, poi una più grande, a un certo punto, si fatica a tornare indietro e a dire: ebbene, ho commesso una leggerezza, ma non è il caso di crocefiggermi; c'è chi ha fatto di peggio ed è stato perdonato. Fini, quando usci il primo articolo della lunga serie, ci rise su. Il solito Feltri che si diverte a fare le bucce ai politici. Un corno. Giorno dopo giorno, sono stati pubblicati particolari, documenti e testimonianze che dimostravano la fondatezza di tanti sospetti sollevati dai cronisti. Niente da fare. Il presidente della Camera ha continuato a sottovalutare il pasticcio del quartierino di Montecarlo, forse nella convinzione che ci saremmo stancati di indagare e che lo avremmo lasciato in pace. Quindi, sentendosi pressato, ha deciso di rispondere ai nostri quesiti, ma non è stato persuasivo. Ha dovuto ammettere che l'appartamento a sua insaputa è abitato dal cognato, tuttavia non ha precisato perché proprio da lui.

Sicché i redattori non hanno cessato di indagare e sono venuti fuori altri dettagli oscuri. Poteva Fini non essere al corrente del giro strano compiuto dalla casa prima di essere ceduta in locazione a Giancarlo Tulliani? L'appartamento inoltre è stato venduto in società off-shore a un prezzo assai inferiore a quello di mercato: successivamente è stato rivenduto a un'altra società off-shore a una cifra di poco superiore, infine è entrato in possesso del disinvolto giovanotto.

Come mai questi passaggi a società off-shore (delle Antille) con pagamenti risibili rispetto al valore dell'appartamento? Perché il ragazzo, che ha speso 200 mila euro per una Ferrari, non ne ha spesi 300 mila per assicurarsi il pied-à-terre? Forse dietro le società (di comodo, anche agli effetti fiscali) c'è lo stesso congiunto di ElisabettaTulliani? Fini è stato ingannato?

In ogni caso la faccenda, una volta resa di pubblico dominio, andava raccontata nel suo reale svolgimento. Un uomo delle istituzioni non si nasconde dietro a un dito ma dice come stanno le cose. Altrimenti fa brutta figura. E ne fa una peggiore se tenta di giustificarsi arrampicandosi sugli specchi. Meglio una verità bruttarella che cento balle ispirate alla disperazione tipica di chi ha sbagliato.

Fini ha sbagliato a non raccontare tutto. Un uomo delle istituzioni non pu esporre se stesso e la sua carica a una figuraccia.
Qualcuno ha detto società off-shore? Vogliamo parlare di case comprate a pressi risibili?

martedì 29 giugno 2010

Sentenza Dell'Utri: abbiamo scherzato.

La corte, riformando la sentenza di primo grado, ha invece assolto Dell'Utri limitatamente alle condotte contestate come commesse in epoca successiva al 1992 perché «il fatto non sussiste», riducendo così la pena da nove a sette anni di reclusione.
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A Caltanissetta si indagava per le stragi" e Ilda Boccassini, nel corso di un interrogatorio del pentito Salvatore Cancemi, gli chiese seccamente: "La Fininvest paga il pizzo per le antenne in Sicilia?". "Pagava il pizzo", fu la breve risposta di Cangemi.
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martedì 15 giugno 2010

Limiti a stampa e tv: le regole all’estero

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GB: Già nel 1993 i giornali, pubblicarono le telefonate fra Carlo e Camilla
Limiti a stampa e tv: le regole all’estero
Nella Repubblica Ceca la legge più severa: carcere fino a 5 anni e multa fino a quasi 200 mila euro al giornale

21 maggio 2010 - Il rapporto tra la riservatezza delle conversazioni, le intercettazioni come strumento investigativo e il diritto di cronaca, negli ultimi anni, sono diventati cruciali in tutte le democrazie avanzate. La tecnologia rende teoricamente possibile il controllo delle comunicazioni a un livello un tempo proprio solo dell’enorme apparato spionistico del Kgb sovietico. Limiti sono previsti in quasi tutti i Paesi, ma la pubblicazione delle intercettazione di interesse pubblico incontra generalmente pochi ostacoli. Ecco un panorama della situazione nei grandi Paesi dell’Unione Europea, in Russia e negli Stati Uniti.

Gran Bretagna: Nessuna barriera se l’interesse è pubblico
LONDRA — Si potrebbe risalire all’8 febbraio 1587 quando Maria Stuarda fu accusata di alto tradimento: i nobili inglesi intercettarono e manipolarono le lettere della regina di Scozia per portarla alla ghigliottina. Fu la prima «intercettazione » della storia moderna? Ma si potrebbe saltare al 1993, quando i giornali pubblicarono le telefonate fra Carlo e Camilla. «Non posso sopportare una domenica notte senza di te». «Vorrei essere il tuo tampax». Che scandalo. Di comunicazioni intercettate si discute da cinque secoli. È sacro il diritto alla privacy ed è sacro il diritto d’informare: qual è l’equilibrio corretto? È il «Regulation of Investigatory Power Act» che disciplina la materia. Il ministero dell’Interno autorizza le intercettazioni che, per principio, non possono essere diffuse o riprodotte. Ma il «Freedom of Information Act» dà il «diritto di conoscere», dunque di consultare, richiedendolo al Commissioner o al tribunale che decidono, gli atti investigativi e di pubblicarli. Laddove prevale l’interesse pubblico non c’è barriera che tenga. Persino a Buckingham Palace (i bisbigli d’amore di Carlo e Camilla insegnano) s’inchinano a questo principio sacro.
Fabio Cavalera

Francia: La fonte è protetta salvo casi eccezionali
PARIGI — In Francia il segreto professionale dei giornalisti è tutelato. Le intercettazioni, come avvenuto anche in recenti casi (processo Clearstream, che vedeva di fronte il presidente Sarkozy e l’ex premier Villepin), sono state pubblicate anche in corso d’istruttoria e solo in casi eccezionali può essere richiesto di rivelare la propria fonte. Ci sono stati esempi di giornalisti condannati per aver divulgato intercettazioni (il caso della cellula segreta dell’Eliseo all’epoca di Mitterrand) ma poi assolti alla Corte europea di Strasburgo. In buona sostanza, il giornalista pubblica documenti giudiziari e protegge le proprie fonti, ma può incorrere nel reato di diffamazione e di violazione della presunzione d’innocenza dell’individuo menzionato nelle intercettazioni o in documenti giudiziari. In questo caso, la normativa rimane in equilibrio fra i diritti della stampa e individuali. Il giornalista rischia di essere perseguito per diffamazione. Secondo un recente studio, le intercettazioni si sono moltiplicate per cinque negli ultimi anni (26 mila nel 2008), oltre a circa seimila intercettazioni «amministrative », cioè non autorizzate dal giudice.
Massimo Nava

Spagna: Diritto di cronaca senza conseguenze
MADRID — Nelle ultime settimane si è acceso un dibattito in Spagna sull’operato del giudice Baltasar Garzón che ha intercettato le conversazioni tra alcuni imputati di corruzione nel caso Gürtel (che coinvolge politici delle comunità autonome di Madrid e Valencia) e i loro avvocati, ed è stato denunciato per abuso d’ufficio, in quanto sono generalmente conversazioni protette. In base all’articolo 579 della «Ley de enjuiciamiento criminal» le intercettazioni possono essere disposte da un giudice per un periodo di tre mesi (prorogabile di altri tre). In caso di urgenza possono essere ordinate anche dal ministro dell’Interno, se l’inchiesta riguarda bande armate o terroristi. Sebbene negli ambienti giuridici si discuta sulle garanzie offerte dalla legislazione vigente, l’interesse pubblico in Spagna è considerato prevalente, perciò la pubblicazione delle intercettazioni non è perseguibile. Le intercettazioni ordinate da Garzón nel caso Gürtel sono state pubblicate senza alcuna conseguenza per editori e giornalisti. «Una legge simile a quella italiana—assicurava ieri El País—avrebbe portato in carcere i giornalisti che hanno indagato sul caso».
Elisabetta Rosaspina

Repubblica Ceca: Appello all’Europa per la «museruola»
BRUXELLES — È entrata in vigore il 1˚ aprile 2009. Ma tutto era, meno che un pesce d’aprile. A Praga l’hanno subito chiamata «legge museruola»: perché appioppa la galera fino a 5 anni al giornalista che pubblichi il contenuto di un’intercettazione giudiziaria o qualunque notizia su una persona indagata o sospetta, «anche se lo fa nel pubblico interesse»; e una multa fino a 5 milioni di corone (circa 194 mila euro) all’azienda editoriale per cui il reo lavora. In origine la legge era stata presentata come un miniemendamento al codice penale, teso a proteggere da una pubblicità indesiderata i bambini vittime di abusi: «E bene inteso, io sto con le vittime non con i media» rispose infatti il presidente Vaclav Klaus, quando i giornalisti cechi e di «Reporters sans frontières » lo supplicarono di bloccare la legge con il suo veto. Nel luglio 2009, da Bruxelles, la Federazione europea degli editori ha chiesto «con urgenza» un intervento alla presidenza dell’Ue, «per un atto di solidarietà con le federazioni della stampa in Italia e nella Repubblica Ceca, su una questione che ci preoccupa molto: la libertà di stampa…». Da allora, la museruola è rimasta al suo posto.
Luigi Offeddu

Russia: Vietati ai giornali solo i segreti di Stato
MOSCA — In Russia tutti i telefoni, i cellulari e le postazioni Internet sono permanentemente collegati a centri di ascolto dei servizi di sicurezza, l’Fsb, successore del Kgb. L’intercettazione può scattare per «qualsiasi indizio di reato progettato, compiuto o che sta per compiersi ». L’Fsb procede autonomamente ed entro 24 ore chiede l’autorizzazione al magistrato competente. Quando è in ballo il segreto di Stato, l’Fsb può mantenere segreti tutti i documenti, compreso l’atto d’accusa. In alcuni casi questo segreto vale anche nei confronti dell’avvocato difensore dell’imputato. Nei procedimenti normali gli atti, gli interrogatori e le intercettazioni comunicati dal giudice istruttore agli avvocati difensori possono essere liberamente pubblicati dai giornali che ne vengono a conoscenza. Il magistrato inquirente può però in qualsiasi momento disporre che particolari elementi debbano rimanere segreti se ritiene che ciò sia fondamentale per l’inchiesta in corso. Il dibattimento processuale è invece del tutto pubblico, a meno che non intervenga il segreto di Stato.
Fabrizio Dragosei

Stati Uniti:«Wiretap» legale e accessibile ai media
NEW YORK — Negli Stati Uniti le intercettazioni da parte di terzi sono legali sia a livello federale sia statale, previa autorizzazione di un giudice. In virtù del primo emendamento della Costituzione sulla libertà di stampa, i media hanno il pieno accesso alla pubblicazione di materiale a esse inerente. «Possiamo pubblicare qualsiasi cosa — spiega Lucy Dalglish, direttore esecutivo del Reporters Committee for Freedom of the Press—purché non presenti una minaccia imminente alla sicurezza nazionale o all’incolumità fisica di qualcuno». Dai Pentagon Papers al Sexgate, il libero accesso dei media a questo tipo di materiale è considerato uno degli elementi chiave della democrazia americana. Nella stragrande maggioranza degli Stati anche per registrare di nascosto una telefonata basta il consenso di una sola delle due parti. Iniziato nel 1890 in seguito all’invenzione del registratore, il wiretapping è stato usato dalla maggior parte dei presidenti Usa da quando la Corte suprema l’ha reso legale, nel 1928. Nel 1968 il Congresso ha approvato una legge che impone l’autorizzazione dal tribunale per le intercettazioni concernenti indagini criminali.
Alessandra Farkas

lunedì 14 giugno 2010

L'oro dei giudici (letters from hell)

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LA VERITÀ SULLO STIPENDIO DEI MAGISTRATI
Repubblica — 09 giugno 2010 pagina 46

Caro Augias, chiedo di non pubblicare il mio nome, appartengo alla più impopolare categoria: sono un magistrato e vorrei dire due parole sui nostri stipendi. Non guadagno 5 mila euro al mese, né alcuna altra delle folli cifre che ho letto in questi giorni. Sono in magistratura dal 1999, oggi il mio stipendio netto (perché è col netto che si campa) è pari a 3.600 euro all'incirca. Certo, è una cifra decorosa ma si tratta anche di un lavoro delicatissimo. Preciso anche che lo stipendio è comprensivo di tutto: i turni del sabato (o delle domeniche); i fine settimana passati a preparare l'udienza; la stesura delle motivazioni di sentenze anche in pieno agosto. Circa dieci ore al giorno. Vado in ufficio con la mia macchina; compro i libri per il mio mestiere; pago la rata del mutuo; la scuola ed i vestiti dei figli; l'assicurazione professionale; il materiale di cancelleria; l'assistenza informatica (il ministero ha tagliato i fondi, ci vogliono circa sette giorni perché arrivino i tecnici del tribunale). Tutto nei 3.600 euro, nessun benefattore che elargisca a mia insaputa, nessun arrotondamento con arbitrati, consulenze o che sia. Non faccio due mesi di ferie all'anno. Come tutti i colleghi che ho conosciuto, faccio sacrifici per non deludere le aspettative che ripongono in me. So che in ogni dossier che maneggio ci sono esseri umani che aspettano una cosa difficile: giustizia. Infliggo gli stessi sacrifici a chi mi sta vicino, sottraggo tempo ai miei figli, tutto per un lavoro che sognavo di fare fin da bambina. Si dà il caso che quel lavoro sia uno dei poteri dello Stato, voglio quel rispetto che mi guadagno lavorando onestamente, tutti i giorni. C'è alla vista uno sciopero dei magistrati. Il ministro guardasigilli lo ha bollato come "sciopero politico". Basta entrare in un tribunale, vedere in quali condizioni si lavora, comprese le procure, per porsi una domanda completamente diversa: come si fa ad amministrare nientemeno che la giustizia (sia pure un' umana giustizia) in quelle condizioni? Con quegli strumenti? Perché il ministro non si fa mai questa domanda? Perché nessuno si preoccupa di migliorare un' amministrazione che fa spavento? O vergogna? O tutt'e due le cose? Sembrano prevalere altre preoccupazioni. Viene da pensare che una Giustizia che zoppica, arranca, così chiaramente sopraffatta, affannata, priva di mezzi, scarsa di personale, faccia comodo a un bel po' di persone. Sciopero politico, dice il ministro, consapevole, credo, di quale danno ulteriore i magistrati avranno dalla legge bavaglio in preparazione, con norme assurde come quella del rinnovo di 48 in 48 ore del permesso di intercettare i sospetti. In un paese come il nostro, con i criminali che abbiamo. Ad ogni livello della vita pubblica.
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IO, CANCELLIERE E I TAGLI ALLA GIUSTIZIA
Repubblica — 10 giugno 2010 pagina 34

Ho letto la lettera pubblicata ieri su Repubblica del magistrato che parla del suo stipendio e vorrei precisare che la sua è una condizione ottimale rispetto a quella del personale amministrativo che svolge un lavoro altrettanto delicato e con grandi responsabilità. Sono un cancelliere e lavoro nell'amministrazione dal 1977 ed il mio stipendio è di 1.600 euro. Anche io vado in ufficio con la mia macchina, compro i codici con i miei soldi, pago la rata del mutuo, i vestiti peri miei figli. Anche io pago l'assicurazione professionale, e compro le penne, i post-it e tutto quello che necessita per la mia attività. Sono costretta a comprare, insieme ai colleghi, la carta igienica ed il sapone per le mani. Sarebbe auspicabile che i media si occupassero anche del personale amministrativo della giustizia: senza il nostro lavoro le sentenze e tutti i provvedimenti dei magistrati rimarrebbero semplicemente fogli di carta.

mercoledì 19 maggio 2010

L'Aquila - Nessuno dice che...

Voi non avete la più pallida idea di quanto queste situazioni facciano girare il cazzo a molti di noi...

Strumentalizzazioni, strumentalizzazioni e basta, da una parte e dall'altra. E vi giuro, sarei anche disposto ad essere utilizzato come banderuola da questo o quello schieramento, ad essere il giullare di corte di questa nazione, se non fosse che ciò impedisce di poter parlare dei problemi concreti che abbiamo, dato che si attaccano tutti a dire "sei un berlusconiano, sei antiberlusconiano, blablabla".

Nessuno, NESSUNO è capace di dire le cose come stanno, di parlare di tutto questo in maniera obbiettiva, di dire che sia cose buone sia cose pessime sono state fatte. Non avete idea di quanto ciò faccia girare il cazzo.


Aggiungo che non ho visto Draquila, e non lo vedrò a meno che un giorno non esca il dvd e qualcuno me lo porti, dato che non voglio pagare per vedere un documentario su qualcosa che vivo tutti i giorni sulla mia pelle (ed inoltre più riesco ad allontanarmi, anche solo con la fantasia, da questa realtà e meglio è).
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Il mio punto di vista l'ho già espresso in molti altri topic, riassumo qui alcune cose.
Le c.a.s.e., c'è poco da fare, servivano, data l'enorme quantità di sfollati. Chi dice che si poteva fare tutto con moduli abitativi provvisori (aka map), dice na cazzata, perchè non considera il quantitativo di terreno necessario. Forse si poteva ridurre il numero delle case in favore dei map, ma questo è un altro discorso.
Al contempo, chi dice che l'unica alternativa alle case sono i container intesi come scatoloni di latta sbaglia: i container, oggi, sono ESATTAMENTE i map (cercate su internet "container abitativi"). E' quindi pretestuoso contrapporre, a chi critica il progetto case, l'affermazione che l'unica alternativa reale erano gli scatolotti in metallo. Un discorso simile vale per il terremoto dell'Irpinia: non può essere paragonato ciò che è successo 30 anni fa a ciò che è successo ora, quando la protezione civile non esisteva, le tecniche costruttive delle case erano diverse, non era neanche immaginabile un'edilizia "speed" e via dicendo. Dire che lì rimasero con le pezze al culo in quella situazione non significa che bisogna necessariamente lodare o esaltare o dire che è andato tutto benissimo ciò che è successo qui.
Tornando alle case, c'è da dire che MEDIAMENTE sono ben fatte, ma in termini assoluti il risultato varia molto a seconda della zona (e delle ditte che ci hanno lavorato): mio zio si ritrova in una casa che ammetto essere bellissima, personalmente mi è piaciuta molto, la mia ragazza si ritrova praticamente in una scatola che ha solo vagamente la parvenza di una casa (per non parlare dei metri quadri iniqui, dell'unico bagno in quattro e via dicendo). Questo per dire che ci sono casi e casi riguardo sia la qualità generale che la qualità particolare (infissi, cucine, pavimenti e via dicendo; un mio amico ha il parchè del bagno che costantemente si gonfia fino ad impedire alla porta di chiudersi, mentre a quello che gli abita sotto costantemente piove in testa).

Inoltre nessuno parla di uno degli errori più grandi: le proiezioni del progetto case.
Presumo, quando hanno steso i progetti, che abbiano fatto delle proiezioni riguardo a quante persone metterci dentro. Ebbene, non so se abbiano messo una scimmia a farle, o semplicemente non l'abbiano considerato, ma c'è stato e c'è tutt'ora l'enorme problema della distribuzione. Hanno creato alloggi principalmente per 3 e 4 persone, con il risultato che single e coppie sono rimasti fregati. E, per quei pochi che potevano accedere, non è detto che fosse fattibile. Io vivo da solo con mia madre, tecnicamente siamo una coppia, ma sarebbe impossibile per lei che lavora e per me che sono uno studente universitario vivere dentro un monolocale (e non per 8 mesi, parliamo di anni).

Complessivamente, io promuovo il progetto case. Se gli dovessi dare un voto, gli darei un 6 e mezzo, tendente al 7. Questo perchè un tetto l'ha dato e a molte persone, quindi il suo compito principale l'ha svolto, ma al contempo si porta dietro tantissimi micro problemi che, sommati tra loro, rendono il progetto buono, non ottimo. E' anche vero che è stato praticamente un esperimento: non ho mai visto in italia costruire così velocemente e, nel malaugurato caso in cui l'italia si troverà ad affrontare di nuovo un problema alloggiativo simile, credo che una serie di questi problemi verranno sistemati.

Nessuno parla di coloro che sono in autonoma sistemazione.
Autonoma sistemazione significa che lo stato ti da 200 euro al mese a persona, fino ad un massimo di 600 euro, con alcuni bonus se ci sono anziani o disabili. Solo negli ultimi due mesi hanno cambiato l'autonoma sistemazione portandola a 600 euro anche per i nuclei da due persone, quindi solo da poco ci si comincia a pagare almeno una parte consistente dell'affitto. Delle disparità tra chi sta in autonoma e chi sta nel progetto case nessuno parla; nessuno dice che praticamente cani e porci prendono sti cazzo di soldi mensili, anche se magari hanno la casa agibile. Entro fine mese bisogna fare una certificazione dicendo che non si hanno altre case disponibili nel territorio: ciò cambierà pochissimo le cose, dato che di controlli se ne fanno pochi, ed inoltre l'avere una casa classificata B (danni lievi) non significa che non ci si possa vivere dentro e quindi prendere l'autonoma a sbafo. Se a ciò ci aggiungiamo che, oltre ad essere una cifra iniqua per chi ci deve effettivamente campare, viene erogata con mesi e mesi di ritardo (attualmente ci hanno erogato gennaio se non sbaglio) perchè il comune è costretto ad anticipare dato che lo stato non versa, la cosa fa un po' girare il cazzo.

Nessuno dice che in centro è tutto fermo. E quando dico tutto fermo, intendo dire che io ho un'ordinanza di demolizione per la mia casa che è di settembre, e probabilmente prima di settembre non si demolirà nulla. Un discorso simile si può fare per le macerie. E questo non vuol dire pretendere che venga fatto tutto e subito, ma DEMOLIZIONE e RIMOZIONE sono i due primi passi necessari per poter cominciare a lavorare alla ricostruzione. Ripeto, l'ordinanza di demolizione della mia casa risale a 7 mesi fa....

Nessuno dice che tra poco più di un mese qui si ricomincia a pagare le tasse, e che molti non sono neanche stati in grado di lavorare dato che avevano ad esempio un'attività in centro. Nessuno dice che Bertolaso si sta già parando il culo affermando che a giugno qualcuno ricomincerà a pagare le tasse, andando contro quanto affermato a trombe spiegate dal governo in tutte le trasmissioni (trattamento come umbria e marche). Potrei anche essere d'accordo sul fatto che qualcuno possa ricominciare a pagare le tasse eh, ma dopo quanto era stato dichiarato la cosa da molto fastidio.

Nessuno dice che, quando qui la gente se la prende con Bertolaso, non se la prende con la protezione civile tutta o con i suoi volontari. Nessuno dice che qui alcuni che se ne sono andati dalle tende hanno pianto abbracciando vigili, esercito, marina, volontari della croce rossa e così via. Nessuno dice che qui l'aiuto dell'Italia si è sentito, tantissimo. E nessuno dice che il fatto di aver ricevuto questo aiuto dallo stato, questa solidarietà dalla popolazione, non significa non avere il diritto di dire "secondo noi c'è questo che non va". Porca puttana, dire la propria opinione significa in questo momento passare agli occhi del mondo come degli ingrati del cazzo, tanto noi "abbiamo avuto le case co pure la tv dentro", no?
Mah, io so solo che me ne devo scappare da qui il prima possibile...
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giovedì 22 aprile 2010

mercoledì 31 marzo 2010

Sconfitti e contenti - di Tommaso Cerno (l'Espresso, 20 gennaio 2010)

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Ai consiglieri regionali non rieletti andranno 32 milioni di euro di liquidazioni. Mentre i vitalizi per gli ex supereranno i 100 milioni. Ecco i privilegi della casta local. E il governo rinvia il taglio delle poltrone

Altro che onorevolini. La casta local dei consiglieri regionali spende e spreca come quella global di Montecitorio. E il diminutivo fa davvero sorridere: costano cari quando sono in carica e si paga salato pure chi perde la poltrona. Berlusconi aveva annunciato sforbiciate e tagli negli enti locali. E invece niente. Succederà tutto di nuovo il 28 e 29 marzo, quando 13 regioni andranno alle urne e l'esercito dei trombati, anziché piangere per la delusione, riderà passando alla cassa. Pronto a intascare la liquidazione d'oro che spetta agli ex e che regalerà oltre 32 milioni di euro netti ai reduci di questa legislatura, senza contare il vitalizio che succhia un centinaio di milioni l'anno e potrebbe crescere del 15 per cento.

LA MAPPA INTERATTIVA Stipendi e privilegi dei consiglieri regionali

Cifre che raddoppiano se si calcola l'esborso lordo per le casse pubbliche e triplicano sommando le regioni che hanno votato in anticipo. Tanto a pagare il conto ci penseranno come sempre gli italiani. La sfera di cristallo per stimare quanti incasseranno la buona uscita non c'è, ma la statistica aiuta.

"L'espresso" ha analizzato i dati delle precedenti elezioni, arrivando a una stima. A ogni ex andranno in media 43 mila euro per 5 anni di carica, già sgravati da tasse e contributi. Con picchi da super manager per i veterani, che in alcuni casi si porteranno a casa fino a 257 mila euro dopo tre mandati. A colpi di simili Tfr per sforare il tetto dei 30 milioni basta che la metà dei 709 consiglieri (e un centinaio di assessori) chiamati al rinnovo non sia rieletto, calcolando due legislature a testa. Sono costi della politica che salgono in silenzio a ogni elezione. Nessuno ci fa caso perché quei parlamentini sembrano minuscoli, contano fra 30 e 90 consiglieri ciascuno. Ma presi tutti insieme fanno quasi 1.100 onorevoli, più di Camera e Senato. Ecco che in bilancio c'è chi infila 8,9 milioni in più come la Lombardia, chi 3,5 come il Veneto o 4 come il Piemonte. Crescono le spese anche nelle regioni più piccole, come le Marche, dove stanziano mezzo milione. "Sono conti fatti a spanne. Noi abbiamo previsto 6 milioni e non è certo che ci basteranno", spiegano nel Lazio. A Napoli il 28 dicembre su queste spese s'è sfiorata la rissa in aula: "Il presidente Mucciolo faccia chiarezza sul punto, senza se e senza ma", ha chiesto Angelo Giusto del Pd. Nel bilancio non c'è traccia di quattrini, eppure la legge prevede fra 46 e 140 mila euro, solo in minima parte accantonati con le trattenute. Austerity? Macché, un escamotage per non far crescere, almeno in apparenza, i conti di un consiglio dove quasi il 40 per cento viene inghiottito dagli stipendi dei politici. Fanno oltre 32 milioni l'anno.

La patata bollente passerà alla nuova giunta che dovrà trovare altri soldi per rimborsare chi rimarrà senza poltrona. Nel 2005 capitò a 35 consiglieri su 60 e costò più di 4 milioni: "Prevediamo una cifra simile anche stavolta", ammettono a Palazzo.

L'ira del cardinale
Sulla casta dei regionali è stato scagliato perfino un anatema. A Natale il cardinale di Torino, Severino Poletto, tuonò contro la "vergogna" di una politica che in tempi di crisi nera non ha di meglio da fare che aumentarsi lo stipendio. Il Tfr piemontese con i suoi 85 mila euro netti a legislatura è il più alto d'Italia, assieme a quello della Puglia, pari a 80 mila. Le regioni che si sono raddoppiate i fondi (due mesi di stipendio per ogni anno passato fra i banchi) stanno una al Nord e l'altra al Sud, a dimostrare che la mappa delle liquidazioni da sogno non rispetta il confine del Po, ma straripa dappertutto. "Servirebbero esempi di austerità quando tanta parte della popolazione vive male", denuncia il porporato. E in tutta risposta il consiglio scarica la colpa sull'ex governatore di centrodestra Ghigo, che introdusse il nuovo tariffario. Anche se pure con il Pd nell'era Bresso l'indennità che per un operaio Fiat equivale a due vite e mezzo in fabbrica è rimasta invariata. La motivazione ufficiale fa sorridere, anche perché rievoca la procedura per gli ex detenuti: "Quei soldi servono al reinserimento sociale", ripetono un po' tutti i politici. Insomma, risarcisce il professionista che ha perso clienti per dedicarsi alla cosa pubblica, come Luca Caramella del Pdl: "Non è facile ripartire da zero quando non vieni rieletto, soprattutto se il consigliere lo fai a tempo pieno come me", risponde al vescovo. Ma anche il bancario a 2 mila euro al mese, come Mariano Rabino del Pd: "Nel 2000 mi sono pagato una costosa campagna elettorale e non sono riuscito a farcela. Per coprire i debiti ci ho messo qualche anno. In banca ho ritrovato il mio posto, ma la carriera era ormai ferma ". Eppure nel plotone dei reduci non tutti sono d'accordo. Come Luigi Bianchini, avvocato marchigiano eletto nel 1970, proprio all'esordio dei nuovi enti. È un senior degli ex, ma ammette che quando è troppo è troppo: "L'indennità di fine mandato per chi ritrova il posto di lavoro non ha alcun senso. Andrebbe abolita", taglia corto. Per ora è un sogno.

Quando Roma impose una dieta ai conti regionali, ci fu l'insurrezione. Al punto che la Campania fece ricorso e vinse: "Quella norma denota un centralismo inaccettabile e scavalca i nostri poteri", hanno sostenuto tornando alla vecchia e più generosa retribuzione. Così ogni Regione può ritoccare in piena autonomia il privilegio. Alcuni virtuosi, si fa per dire, ci sono. La buona uscita ce l'hanno anche loro, ma più bassa. In Calabria ricevono 21 mila euro netti a legislatura, in Emilia Romagna 24 mila e in Veneto 27 mila. È il cruccio di Alberto Deambrogio del Prc, firmatario di una proposta di legge per ridurre i privilegi. Non ci sta ad essere bollato come sprecone a causa di queste differenze in busta paga: "Siamo diventati uno dei cavalli di battaglia dell'antipolitica per l'impostazione craxiana mai sopita, un uso del denaro pubblico troppo leggero ", dice. Lui prende l'indennità di carica e, se non sarà confermato, avrà il suo Tfr e il vitalizio. "Ma giro quasi tutto al partito", ribatte. Già, versa il 55 per cento dopo il flop alle politiche che ha tagliato fuori Rifondazione dai rimborsi elettorali: "La gente non capisce, ma io sono fra l'incudine e il martello. Da una parte mi dicono che siamo la casta, dall'altra i compagni di Casale Monferrato mi chiedono come mai non ci sono i nostri manifesti per le regionali. Perché non ci sono soldi. Avanti di questo passo la politica rischia di tornare una prerogativa dei ricchi".

Premio fedeltà
Chi è in odore di addio, non se ne sta certo con le mani in mano. Mentre i disoccupati cantano sotto la sua finestra "O lavoro ce ata dà!", l'assessore campano Corrado Gabriele, ad esempio, piazza fedelissimi dello staff all'Agenzia del lavoro. Il 31 dicembre è stato nominato direttore generale Francesco Girardi, fino al giorno prima coordinatore d'area del suo assessorato. La scelta spettava proprio a Gabriele e all'ufficio: c'erano 50 profili idonei, hanno preferito lui. Tanto che la Cisl già annuncia un ricorso. Una settimana fa, poi, i dipendenti del consiglio hanno scioperato. Ce l'hanno con l'ipotesi di stabilizzazione di circa 210 “comandati da altri enti”, gente che proviene da società pubbliche o private, fuggita dopo pochi giorni, il tempo necessario per accomodarsi a Palazzo senza concorso. Costano 6 milioni l'anno.

Sistemare i portaborse, però, è pratica bipartisan e diffusa. In Veneto qualche tempo fa sono stati addirittura stabilizzati grazie a una legge votata all'unanimità, con la polemica fuoriuscita del governatore Giancarlo Galan dal gruppo di Fi. Grandi manovre anche in Calabria, dove già nel 2001 vennero assunti 86 portaborse in tempo di elezioni. C'era di tutto. Figli, fratelli, sorelle di politici e pure funzionari di partito. Addirittura Carlo Guccione, allora segretario provinciale Ds di Cosenza e oggi trionfatore alle primarie del Pd. Ma la tradizione continua, fra graduatorie che si allungano all'Arpacal, l'agenzia per l'ambiente, e assunzioni a chiamata diretta nelle Asl. Tutti raccomandati dai trombati in fuga nel 2010.

Sfizi e vitalizi
Finito di pensare agli amici e spendere la regalia, si torna in coda per il vitalizio. Guai a chiamarlo baby pensione, gli onorevoli si infuriano. E invece si tratta proprio di questo. Per maturarla bastano quasi sempre cinque anni e non ne servono certo 35 come ai comuni mortali. E proprio dopo il voto di primavera si prevede una nuova infornata, tanto che fra le pieghe delle Finanziarie locali compare l'ennesima voce di spesa. Il Lazio ha stanziato il 12,5 per cento in più, passando da 14 a 16 milioni di euro l'anno, altri stimano addirittura un incremento del 25 per cento come l'Umbria che ritocca la posta da 1,9 a 2,4 milioni. Se la media sarà davvero questa, cioè 2 milioni di maggiori uscite per un'assemblea da 70 consiglieri, si spenderanno quasi 15 milioni in più. La Conferenza dei consigli regionali a Roma cerca di metterci una pezza. Nemmeno i tecnici conoscono nel dettaglio tutte le leggi in vigore. Per fare i conti ci hanno messo anni e qualche misteriosa casella vuota c'è ancora: "Anche per il vitalizio i consigli sono sovrani e, se questo è giusto sul piano dell'autonomia, crea però delle disuguaglianze che i cittadini non comprendono", spiegano alla direzione. Proprio così.

Le indennità sono calcolate su quelle dei parlamentari, ma c'è chi si assegna il 65 per cento come Liguria e Marche, chi il 90 come il Lazio, chi l'intera cifra come la Sicilia. Anche i contributi obbligatori variano dal 10 al 27 per cento, come l'età di riscossione. E se una serena vecchiaia è un diritto, a Roma la politica non ha mai sentito parlare dello scalone, visto che chi resta fuori dall'aula di via della Pisana può anticiparsi la pensione già dai 50 anni. Muovendosi lungo la Penisola cambia di poco. L'età minima è spesso 60 anni, ma si può quasi sempre bluffare. C'è chi ci mette qualche mese in più, chi rinuncia agli spiccioli, ma la morale è la stessa: la spesa dei regionali è fuori controllo.

Le baby pensioni
A rimettere ordine ci provò l'ex coordinatore nazionale delle assemblee legislative Alessandro Tesini, che rese pubblici i criteri di calcolo. "Ci fu una mezza rivoluzione, ma rifarei tutto. Indennità e vitalizio così come sono rappresentano un'anomalia italiana", denuncia l'esponente del Pd. Tanto che il sistema è saltato da almeno vent'anni. Anche in questo caso non esistono statistiche ufficiali, eppure raffrontando i bilanci passati, la falla è presto trovata. Il meccanismo dei contributi resse fino fino al 1990. Da allora gli ex consiglieri (oggi sono oltre 4.500) superano quelli in carica: "In questo modo il vitalizio viene alimentato da una trattenuta che, nel tempo, è sempre più esigua rispetto alle uscite. Il nostro fondo non è più in grado di autoalimentarsi per cui preleva denaro pubblico, quando gli istituti pensionistici come l'Inps devono per legge chiudere in pareggio", spiega Tesini.

C'è anche una seconda anomalia e cioè la percentuale di trattenute, che non supera i duemila euro al mese. Nessuna assicurazione privata in Italia, a fronte di versamenti del genere, garantirebbe una rendita vitalizia media di oltre 5 mila euro lordi con picchi da ottomila euro in così breve tempo. Senza considerare che la pensione è anche reversibile, passa cioè ai congiunti in caso di morte. Fra crociate anti spreco e conti che non tornano, lo squadrone degli ex si sente in pericolo. Teme che un brutto giorno anche in Italia il bonus per i trombati svanisca nel nulla. Per dare battaglia si sono inventati le associazioni di categoria, forti di migliaia di iscritti regione per regione, e hanno pure un coordinamento nazionale per fare pressing sul parlamento. "Siamo noi i primi che abbiamo attuato una politica del risparmio, proprio per evitare interventi dall'alto ", protestano i presidenti dei gruppi di ex da Nord a Sud. "I parlamentari nazionali sono uniti, fanno blocco, e in questo modo li stanno ad ascoltare. Noi non saremo da meno". Anche se la falla nei conti s'allarga. Inesorabile a ogni rinnovo.

mercoledì 10 febbraio 2010

Intervista a Marcello Dell'Utri

IO, SENATORE PER NON FINIRE IN GALERA
Dell’Utri si confessa: tutta colpa di giudici e pentiti. Ma come dice Ciancimino i boss fecero votare Forza Italia
di Beatrice Borromeo


“A me della politica non frega niente, io mi sono candidato per non finire in galera”. Freccia-rossa Milano-Roma. Marcello Dell’Utri, senatore del Pdl condannato in primo grado a nove anni per mafia, si addormenta, seduto al suo posto, dopo aver mangiato un panino nella carrozza ristorante. Con lui, una guardia del corpo. Poi squilla il telefono e Dell’Utri – faccia dimessa – si sveglia e parla volentieri, a voce bassa.

Senatore, lei è su tutti i giornali per le dichiarazioni di Massimo Ciancimino.
Due sono le opzioni: o mi sparo un colpo di pistola, o la prendo sul ridere. Di certo farò un’interpellanza parlamentare per capire cosa c’è dietro queste calunnie.

Ma cosa ci guadagna Ciancimino a dire queste cose?
Guadagna molto: intanto gli sconti di pena. La sua condanna a cinque anni, dopo le sue prime dichiarazioni, è stata scontata a tre anni. Non è poco: tra indulti e cose varie non avrà nessuna pena. Poi ci guadagna la salvezza del patrimonio che il babbo gli ha lasciato. Sta tutto all’estero.

E chi è il regista che ha interesse a favorire Ciancimino perchè faccia i vostri nomi?
Sicuramente chi lo gestisce è lo stesso pubblico ministero che era il mio accusatore nel processo di primo grado: questo Ingroia. Antonio Ingroia è un fanatico, visionario, politicizzato. Fa politica, va all’apertura dei giornali politici, ha i suoi piani. Ciancimino padre io non l’ho mai visto né conosciuto, non ho preso il suo posto, quindi non c’è nulla: è tutto montato. Qui c’è un’inquisizione. C’è una persecuzione: Torquemada non mollava la sua preda finché non la vedeva distrutta.

Però è difficile sostenere che Ciancimino, Spatuzza e tutti i pentiti che l’hanno accusata nel corso del suo processo, siano manovrati.
Ma questo non è un problema, Andreotti ne aveva anche di più di pentiti che l’accusavano.

Infatti Andreotti è stato riconosciuto colpevole del reato di associazione a delinquere (mafiosa) fino a 1980.
Ma la faccenda di Andreotti è complessa, io non l’ho capita bene, bisognerebbe studiarla. Questi, i miei accusatori, sono preparati. C’è una cordata che non finisce più, una cordata infinita.

Secondo Ciancimino il frutto della trattativa tra mafia e Stato fu proprio Forza italia, una sua creatura.
Questo Ciancimino è uno strano. Lo sanno tutti, a Palermo. E’ il figlio scemo della famiglia Ciancimino.

Non ha l’aria tanto scema.
Non scemo, diciamo che è uno particolarmente labile. Ha un fratello, a Milano, che è una persona dignitosissima, infatti non parla neanche. Tutti sanno invece che questo [Massimo Ciancimino, ndr] è un figlio un pò debosciato: gli piacciono le macchine, i soldi. E’ capace di fare qualunque cosa.

Anche il pentito Gaspare Spatuzza dice che tra lei, Berlusconi e i fratelli Graviano è stato raggiunto un accordo.
Ma di che parliamo? Falsità, calunnie. Sono tutte persone che hanno davanti anni di galera, è da capire. Salvano la loro pelle.

Paolo Borsellino parla di lei e di Berlusconi nell’ultima intervista che ha rilasciato prima di essere ucciso.
Era un’intervista manomessa, manipolata. Quando l’abbiamo vista per intero [nel dvd allegato al Fatto Quotidiano, ndr] abbiamo capito come stavano le cose. Risulta chiaro che Vittorio Mangano non c’entrava niente: quando parlava di cavalli, intendeva cavalli veri.

Però secondo Borsellino quando si parlava di cavalli ci si riferiva a partite di eroina.
Nel gergo può essere, ma in quella circostanza si trattava di cavalli veri. Ho fornito le prove: era un cavallo, con un pedigree, che si chiamava Epoca.

Mangano però parlava anche di un cavallo e mezzo...
Questo era un linguaggio che aveva con altri, con un certo Inzerillo, non con me. Lì “un cavallo e mezzo” era evidentemente una partita di droga.

Capisce che alla gente può sembrare strano che lei dia dell’eroe a uno che, anche a suo dire, trafficava eroina?
Certo, come no, capisco tutto. Ma io non ho detto che è un eroe in senso assoluto. E’ il mio eroe!

E lei ha mantenuto i contatti con Mangano anche dopo che è uscito di galera, quando erano ormai noti i reati che aveva commesso.
Ho tenuto i contatti, certo, l’ho detto. La mia tranquillità nasce dal fatto che non ho niente di cui vergognarmi.

Berlusconi è arrabbiato con lei?
No, perché? Mi conosce bene.

Neanche un pò infastidito da tutti i problemi che gli causa?
Io? Che c’entro io? L’ha voluta lui Forza Italia. Io ho solo eseguito quello che era un disegno voluto dal presidente Berlusconi. Non posso arrogarmi meriti che non ho.

Non sente una responsabilità, visto il suo ruolo politico?
Io sono un politico per legittima difesa. A me della politica non frega niente. Mi difendo con la politica, sono costretto. Quando nel 1994 si fondò Forza Italia e si fecero le prime elezioni, le candidature le feci io: non mi sono candidato perché non avevo interesse a fare il deputato.

Poi, nel 1995, l’hanno arrestata per false fatture.
Mi candidai alle elezioni del 1996 per proteggermi. Infatti, subito dopo, è arrivato il mandato d’arresto.

E la Camera l’ha respinto. Ma le sembra un bel modo di usare la politica?
No, assolutamente. È assurdo, brutto. Speriamo cambi tutto al più presto! Ma non c’era altro da fare...

Perché non si difende fuori dal Parlamento?
Mi difendo anche fuori.

Perché non soltanto fuori?
Non sono mica cretino! Mi devo difendere o no? Quelli mi arrestano!

Se arrestano me cosa faccio, mi candido anch’io?
Ma a lei perché dovrebbero arrestarla? E poi a lei non la candida nessuno, quindi non si preoccupi. Io potevo candidarmi e l’ho fatto.

Ha fatto anche i circoli del Buon governo.
Si figuri che non abbiamo neanche più i telefoni perché non avendo più risorse per pagarli sono stati, diciamo, tagliati.

Voi non avete più risorse?
Sì, sì. Così è. Adesso lasciamo l’affitto della sede di via del Tritone a Roma perché non riusciamo più a mantenerlo.

E il Pdl non vi sovvenziona?
Il Pdl è avverso ai circoli: è fatto di persone che hanno preso il potere e hanno paura di chiunque sia migliore di loro.

Che fa se la condannano in appello?
Vado in Cassazione!

Non si dimette?
Ma sta scherzando?

E se la condannano in Cassazione?
Eh lì vado in galera. A quel punto mi dimetto.