sabato 29 gennaio 2011

Egitto, sfida al regime

Da "Il Corriere della Sera" di sabato 29 gennaio 2011

Egitto, sfida al regime
Il raìs: resto al potere

Migliaia di persone in piazza 5 morti al Cairo, 13 a Suez
Mubarak «dimette» il governo

DAL NOSTRO INVIATO IL CAIRO - Notiziario delle ore 14, radio del regime: Ahmed Abu al Gheit, ministro degli Esteri, è in visita ad Addis Abeba; il Libano ha un nuovo governo; in Tunisia le proteste continuano. In strada la prima carica colpisce con un tiro di rimbalzo, un'ora dopo mezzogiorno, alla fine delle preghiere. Il bussolotto schizza contro la volta del cavalcavia e rotola in mezzo alla gente. Il fumo aspro si mischia all'odore delle cipolle che tutti tengono sotto al naso, fermano le lacrime con lacrime meno amare e sono pure la pianta nazionale, stavano disegnate sulle tombe ai tempi dei faraoni.
Il corteo preme verso piazza Giza. È lì, nella grande moschea del quartiere popolare, che ha pregato Mohammed El Baradei. E lì che il Nobel per la pace si rifugia, quando la polizia cerca di arrestarlo. È tornato per «stare a fianco del popolo» - dice - e come il popolo resta infradiciato da un getto sparato dalla torretta di un blindato. I manifestanti provano a proteggerlo, non lo mollano, a strattoni viene portato dentro al tempio.
Gli agenti preparano l'assedio, i lacrimogeni questa volta servono a bloccare, uno sbarramento di nebbia e asfissia. L'ex direttore dell`Agenzia atomica dell'Onu è l'uomo che vorrebbe garantire la transizione, ha invocato la caduta di Hosni Mubarak, va fermato subito. O almeno immobilizzato. Lo lasciano tornare a casa e la polizia lo informa: non può andare in giro libero. Arresti domiciliari.
I ponti del Cairo sono bloccati. I plotoni anti-sommossa stanno tra i rivoltosi e il cuore della città, l'obiettivo è piazza Tahrir, la Liberazione, e i palazzi simbolo dello Stato. In mezzo cola il Nilo, qualche battello per turisti resiste al vento che porta le esalazioni degli scontri. Da Giza verso il centro, dalla parte occidentale verso quella orientale, bisogna camminare sotto i viadotti svuotati dal traffico caotico, tunnel dove restano le pietre delle prime battaglie.
Dai balconi le donne urlano «smettetela, fermatevi», quando gli sbirri caricano, abbassando gli scudi e alzando i bastoni. In strada, la gente urla «andatevene», il presidente e il figlio Gamal uniti nell'avversione da quel plurale. Il benzinaio lava via il carburante, implora di non fumare lì vicino.Un ragazzo incappucciato gli ruba l'estintore, l'immondizia in fiamme sta soffocando l'avanguardia della manifestazione.
Al mattino la città era deserta, silenziosa come i cellulari zittiti dal governo. Niente telefonate, sms o Internet, la censura serve a fermare le comunicazioni tra i rivoltosi.Che hanno usato il microblog Twitter per coordinare la protesta. Uno degli ultimi messaggi rivendica la rivolta: «Non lasciate che venga attribuita agli islamici». Al governo non basta: all'alba una retata porta via attivisti dei Fratelli Musulmani, anche se il movimento è rimasto ai margini delle manifestazioni.
Il black out era previsto nelle 26 pagine di un manuale per la guerriglia urbana circolato al Cairo. Foto aeree con gli obiettivi da conquistare cerchiati di rosso (primo fra tutti il palazzo di Mubarak e i suoi trent'anni di potere), consigli su come affrontare le forze di sicurezza: meglio evitare lo scontro diretto perché gli agenti vanno convinti a passare dall'altra parte. «Il popolo e la polizia assieme contro l'ingiustizia. Viva l`Egitto», è uno degli slogan suggeriti.
Le stradine del Vecchio Cairo permettono di aggirare i posti di blocco. Agenti in borghese impugnano i bastoni sradicati dalle aiuole, i vecchi giocano a domino, i giovani si raggruppano e preparano le mosse della loro partita con la polizia. Dai viali principali, rimbombano gli scoppi delle granate assordanti, è su quelle strade che la folla prova a sfondare per raggiungere il centro.
Il giorno della rabbia sorge anche nel resto del Paese. Ad Alessandria, i fedeli lasciano le moschee urlando «svegliatevi figli della nazione». Figli e fratelli: una battaglia nelle vie della città si esaurisce con i dimostranti che abbracciano i poliziotti, scambiano solidarietà e bottiglie d`acqua. A Suez, la manifestazione diventa un funerale, la folla solleva un cadavere, mentre un uomo strilla «hanno ucciso mio fratello» (i caduti nella città portuale sarebbero 13). Un'altra vittima è tra i beduini del Sinai. Nella capitale, i morti sono cinque, i feriti 870, gli arrestati 400.
I due leoni di pietra custodiscono l`accesso al ponte di Qasr el-Nil dal 1872. La fila di uniformi blu sta dietro un blindato, dalla torretta sputano gli idranti. Si sono fronteggiati per ore sull'isolotto di Gezira: passato questo cordone, la via è libera verso piazza Tahrir. Al tramonto, la torre del Cairo risplende blu come in un giorno normale, gli agenti cominciano a indietreggiare, la camionetta sbanda, i ragazzi in divisa corrono in ritirata verso l'altra riva, i manifestanti fanno rotolare un gabbiotto bianco di metallo, è un rullo compressore che li precede. Al Jazira mostra le immagini (da un altro ponte) di un'auto della polizia in fiamme ribaltata nel Nilo. Migliaia di manifestanti raggiungono quelli che dal primo pomeriggio assediano il centro e i palazzi del governo. Assaltano e incendiano la sede del partito Nazionale democratico di Mubarak, puntano sul ministero degli Esteri e la televisione di Stato. Che annuncia un discorso del presidente al Paese, l'apparizione (la prima dall'inizio dei disordini) arriva solo dopo la mezzanotte. Mubarak difende le azioni delle forze di sicurezza («C'è un complotto per destabilizzare l'Egitto»), ma non il suo governo: «Ho chiesto ai ministri di dimettersi, da domani (oggi, ndr) insedierò un nuovo esecutivo». Lui invece resta. Promette di «continuare con le riforme economiche, politiche e sociali», avverte i manifestanti: «Fermate la violenza e gli atti di sabotaggio».
Poche ore prima del proclama, le colonne della polizia lasciano la città e incrociano i mezzi corazzati dell`esercito che hanno ricevuto l`ordine di prendere il comando. I militari erano rimasti per ora lontani dagli scontri. Il regime proclama il coprifuoco dalle 18 alle 7 del mattino, in vigore anche ad Alessandria e Suez - nessuno lo rispetta. Gli elicotteri volano tra i palazzi, coordinano i movimenti delle truppe. A terra restano i voli della EgyptAir, la compagnia di bandiera, sospesi per almeno dodici ore.
La gente aspettava i soldati per capire da che parte stanno i generali, l'esercito è riverito dal 1973, da quando sorprese Israele con un attacco lampo. La risposta arriva sulla Comiche, lungo il fiume, dove si riversano i blindati color sabbia del deserto: sul tetto i manifestanti in festa sventolano la bandiera egiziana. I soldati vengono dispiegati anche in altre zone del Paese. A El Arish, in Sinai, lo Stato Maggiore ha dovuto chiedere l'autorizzazione a Israele, dopo l'accordo di pace è zona demilitarizzata.
Si sentono colpi di fucile, risuona un'esplosione d'arma pesante, come il cannoncino di un blindato. Un gruppo di dimostranti tenta di saccheggiare il museo egizio, altri lo proteggono con una catena umana. Il sarcofago di Tutankhamon, rivestito d`oro, è custodito in queste sale.
«Ricordare il passato è importante». Prima di inginocchiarsi in preghiera, al buio, Medhat spiega con un detto egiziano perché sia sceso in strada: «Una volta chiesero al Faraone: come hai potuto diventare così potente? Lui rispose: nessuno mi ha fermato».