venerdì 18 dicembre 2009

Ponte di Messina: ci siamo.


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Impregilo: al via costruzione Ponte Messina, il titolo corre in testa al Ftse Mib
Finanzaonline.com - 18.12.09/11:44


Tra sei giorni è previsto l'avvio dei cantieri in Calabria per la costruzione del Ponte di Messina, dopo anni di tiraemolla. E' su questa notizia, anticipata a Il Messaggero da Pietro Ciucci, numero uno dell'Anas, che Impregilo corre a Piazza Affari. In questo momento il titolo del general contractor è il migliore del paniere Ftse Mib evidenziando un rialzo di oltre 3 punti percentuali a 2,3875 euro.
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Piazza Affari vira in negativo, +3% per Impregilo
Finanzaonline.com - 18.12.09/12:52


Cambio di umore per gli indici di Piazza Affari. Al giro di boa di seduta l'indice Ftse Mib cede lo 0,23% a quota 22.625 punti. Si mantiene in testa all'indice milanese Impregilo (+3,14%) sull'imminente via dei lavori in Calabria per la costruzione del Ponte di Messina. Prysmian sale del 2,14%, +1% per Stm. In coda i bancari: -2,42% per UBI e -1,69% per banco Popolare.
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Impregilo sugli scudi con il via ai lavori per il ponte di Messina
18/12/2009


Scatta in avanti a piazza Affari il titolo Impregilo dopo l'ok del Cipe all'avvio dei cantieri per la realizzazione del Ponte sullo stretto di Messina, opera da 6 miliardi di euro circa. La cerimonia per l'inizio dei lavori, prevista per il 23 dicembre, slitterà per permettere anche al premier, Silvio Berlusconi di partecipare, ma entro la fine dell'anno cominceranno i lavori in Calabria, come ha detto il presidente dell'Anas, Pietro Ciucci.

Ora Impregilo sale del 3,36% a 2,385 euro dopo aver toccato un massimo a 2,40 euro. "C'è il via libera e il supporto del Governo. I contratti sono stati aggiornati. C'è l'ok per la nuova convenzione. E tra sei giorni è previsto l'avvio dei cantieri in Calabria. Insomma abbiamo staccato il biglietto per realizzare l'opera", ha sottolineato Ciucci.

I lavori dunque partiranno subito e slitterà solo la cerimonia della prima pietra, ha precisato Ciucci. "Abbiamo deciso di attendere, in modo che possa essere presente anche il presidente Silvio Berlusconi", costretto a letto per l'aggressione della scorsa settimana a Milano.

Il Ponte deve essere completato entro il 2016. Entro l'estate ci sarà il progetto definitivo, già ampiamente elaborato e studiato, e "daremo certezze ai privati che vogliono partecipare", ha concluso il presidente dell'Anas. La ricerca dei finanziamenti delle società private per i lavori del Ponte sullo Stretto di Messina dovrebbe iniziare dalla seconda metà del 2010.

Eurolink è il contraente generale che realizzerà il Ponte e che ha come capofila Impregilo e altre società esperte in questo tipo di opere: le italiane Condotte d'Acqua, Cmc di Ravenna, la Aci Consorzio Stabile e la giapponese Ishikawajima-Harima Heavy Industries Co Ltd. Incaricati della progettazione sono invece Cowi A/S (Danimarca) Buckland & Taylor Ltd (Canada) Sund & Baelt A/S (Danimarca). Per il ponte la quota di Impregilo dei fondi già stanziati è di circa 500 milioni di euro.
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Cipe, ok a 330 mln per lavori Ponte Stretto Messina
giovedì 17 dicembre 2009 11:26

ROMA (Reuters) -
Il Cipe ha approvato la destinazione di risorse per 330 milioni per il Ponte sullo Stretto di Messina. Lo si legge in una nota delle Infrastrutture.

"Approvate le risorse necessarie all'aumento del capitale della società Stretto di Messina garantendo all'Anas e alle Fs una quota pari a 330 milioni di euro, aggiuntivi a quelli previsti nella Finanziaria 2010. Risorse queste che verranno utilizzate nei prossimi anni a fronte del fabbisogno derivante dalla realizzazione del Ponte", si legge nella nota.

"Il completamento dei finanziamenti relativi alla Variante di una linea ferroviaria a Cannitello per complessivi 26 milioni di euro consentirà, inoltre, la sottoscrizione dei contratti e l'avvio dell'esecuzione dei lavori come programmato nella prossima settimana", aggiunge la nota.

Tra gli altri provvedimenti approvati, la nota elenca 162 milioni per due lotti della statale Olbia Sassari.

Il Cipe ha anche approvato il contratto di servizio delle Fs con cui si garantisce il servizio passeggeri a lunga e media percorrenza.
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Stretto di Messina: un ponte per le mafie
di Paolo De Gregorio


Le ultime dichiarazioni rilasciate pochi giorni fa dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, sulla costruzione del ponte dello stretto di Messina, hanno suscitato molteplici riflessioni tra l’opinione pubblica. Vi proponiamo quella di un nostro lettore…

La questione del ponte sullo stretto di Messina mi evoca immediatamente l’opzione nucleare, in entrambi i casi viene scelta la strada più costosa
La questione del ponte sullo stretto di Messina mi evoca immediatamente l’opzione nucleare, in quanto in entrambi i casi viene scelta la strada più costosa, più pericolosa, più irrazionale, più lunga come realizzazione, al posto di scelte non pericolose, praticabili subito, senza impatti ambientali.

Naturalmente, per quanto riguarda l’energia, parlo del fotovoltaico diffuso, che è in grado di dare, se solo lo si volesse, tutta l’energia di cu abbiamo bisogno. Basterebbe incentivarlo come si fa con l’auto, rottamando tra l’altro vecchi impianti a gasolio o a gas e sostituendoli con questa meravigliosa, efficiente fonte rinnovabile.

La resistenza delle lobby del petrolio e del nucleare crea condizioni per cui tale innovazione energetica non venga fatta, anzi viene ostacolata da norme burocratiche tese a scoraggiare chi vuole cambiare, e non incentivata come buon senso vorrebbe.

È chiaro che se l’opinione pubblica si rendesse conto che il fotovoltaico funziona e ci da vera energia pulita e non pericolosa, e vedesse questo fatto realizzato in concreto, la follia del ritorno al nucleare sarebbe seppellita per sempre.

Per il ponte sullo stretto di Messina il discorso è identico: si sceglie la via più assurda perché mette in moto una grande mole di denaro, di appalti, di affari che, in quelle regioni (Calabria e Sicilia), significa ingrassare le due mafie, che poi ricorderanno chi devono votare alle elezioni.

Se invece usassimo il metro di risolvere i problemi senza offrire opportunità alle mafie, la questione del ponte cadrebbe nel ridicolo, poiché non basta velocizzare il traffico tra Sicilia e Calabria, guadagnando qualche decina di minuti rispetto ai traghetti, ma vi è la questione dell’autostrada Salerno-Reggio, che è un budello impercorribile, la cui modernizzazione richiederebbe spese superiori a quelle per il ponte. L’attuale traffico su questa arteria risulta così intasato che i tempi di percorrenza di un TIR, che dalla Sicilia va al Nord, sono tempi commercialmente inaccettabili.

La soluzione sono le autostrade del mare, con traghetti pensati solo per il trasporto dei TIR, mezzi superveloci, che possono svuotare facilmente la Salerno-Reggio, che possono collegare in poche ore Palermo con Salerno-Civitavecchia-Livorno-Genova e Catania con Bari-Ancona-Ravenna-Trieste, realizzando così anche il compito di ridimensionare il traffico sulla Adriatica.

Basta fare uno studio sui volumi di traffico su queste due arterie e mettere a disposizione un numero di navi adeguato. Per il traffico nei due sensi tra Sicilia e continente il conto sarebbe presto fatto, basterebbe chiedere alle Ferrovie dello Stato quanti biglietti vendono al giorno per traghettare i Tir.

Sarebbe ora di smetterla di occuparci della vita, più o meno dissoluta, del Cavaliere e contrapporre ai suoi programmi, spesso distruttivi, proposte serie, razionali, praticabili, andando a parlare con le popolazioni interessate e mettendo in piedi un movimento anti-ponte e anti-nucleare, fra la gente dei possibili siti nucleari, fra la gente di Messina e Reggio Calabria, e non dai comodi studi televisivi o dai palazzi del potere.
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Ponte Stretto,Tozzi: "rischia di unire due cimiteri"
di Mario Tozzi
12/4/2009


"Nessun terremoto e' prevedibile. E cio' che ha detto il ricercatore abruzzese dell'Infn e' una cosa priva di qualsiasi fondamento, non si basa su alcun dato scientifico. È piu' che altro una sensazione. Fino adesso al mondo nessuno e' riuscito a realizzare strumenti in grado di prevedere terremoti. Se ci fosse un sistema ben venga ma quello non lo e', e non ha alcuna validazione scientifica. Peraltro Giuliani non e' ne' un geologo ne' un geofisico...". Lo afferma Mario Tozzi, geologo, primo ricercatore al Cnr intervistato dal direttore di Articolo21 Stefano Corradino.

"L'unica cosa che si puo' fare e' prevenire - afferma Tozzi -. Risanando, ricostruendo e soprattutto osservando leggi antisismiche. Una cosa che non e' stata fatta in alcun modo. Se non si osservano questi criteri c'e' poco da fare... Di manutenzioni non se ne fanno ne' per gli edifici pubblici (con i soldi pubblici) ne' per gli edifici privati, che potrebbero essere risanati concedendo ai privati stessi incentivazioni e sgravi fiscali se ristrutturano in maniera antisismica". Tozzi e' preoccupato per il piano case del governo.

"Chiedo che il governo preveda che nei comuni a rischio non sia possibile fare ampliamenti di alcun genere perche' altrimenti rischiamo di aggravare la situazione nell'intero paese. Costruire un piano in piu' significa condannare al collasso una struttura alla prima scossa sismica. E poi e' assurdo pensare che il progettista sia l'unico soggetto a certificare se il lavoro e' fatto bene o male".

Oggi intanto il premier Berlusconi ha parlato del Ponte sullo Stretto di Messina dicendo che si fara' e che e' "un'opera prioritaria, epocale e fondamentale per l'unita' del paese"."Io penso - afferma il geologo - che sia scarsamente produttivo dal punto di vista economico, non favorira' gli spostamenti ma soprattutto rischioso. Per problemi di sismicita' ma non solo, perche' quella zona e' funestata da frane a scivolamento profondo. Grossi spostamenti di terreno soprattutto in Calabria che possono addirittura interessare le zone di ancoraggio dei piloni.

Il ponte rischia di unire non due regioni ma due cimiteri". Critico anche sull'azione dei media. "In termini di quantita' - conclude Tozzi - la copertura e' stata buona come qualita' meno. Si e' puntato troppo sulle dichiarazioni del ricercatore abruzzese Giuliani e poco sul fatto che in Italia non si fa prevenzione e che quindi siamo tutti a rischio".
PONTE
I costi del Ponte
4.732 milioni di Euro
di cui 3.410 per il ponte
1.322 per gli allacci stradali e ferroviari.
Tempi di esecuzione
6 anni dall'inizio dei lavori
che è previsto per la fine del
2006 inizio 2007

NO-PONTE
VOGLIAMO LA TAV TRA GLI AEROPORTI DI PUNTA RAISI (PALERMO) E FONTANAROSSA (CATANIA)

SONDAGGIO de "il Sole 24 Ore"

mercoledì 16 dicembre 2009

Sono solo, sono solo, non c'è nessuno dietro di me...

"Poco prima che l'aggressore scaraventasse contro il presidente la statuetta ho visto che c'è stato dietro... come se lui si stesse dimenando per prendere qualcosa da qualcuno che ovviamente non ho visto. Mi è sembrato di vedere proprio questo gesto che lui stesse prendendo qualcosa e questo l'ho visto perchè avevo degli amici che erano lì alla sbarra e mi stavo preoccupando che potessero salutare il presidente del Consiglio [...] E poi mi è sembrato di vedere un nylon, come se questa cosa fosse avvolta in un nylon. Quando poi è stato catturato dalla polizia e dal servizio d'ordine, la cosa che mi ha fatto tornare in mente quello che avevo visto poco prima è stato il fatto che lui ha detto, appena catturato: sono solo, sono solo, non c'è nessuno dietro di me'. Io invece ho avuto la percezione che qualcuno gli stesse passando qualcosa".

Andrea Di Sorte, coordinatore dei club della Libertà
"Il premier ha il diritto di stare tra la folla"
De Magistris: capire se c'è un suggeritore

di Buccini Goffredo

da il Corriere della Sera di mercoledì 16 dicembre 2009, pagina 9

«Sa qual è l'assurdità, poi?».

Quale?

«Non si può dire al presidente del Consiglio stattene chiuso in casa. Berlusconi ha tutto il diritto di scendere in strada a parlare con la folla, anzi mi piace l'idea di un politico che va tra la gente. Il punto è proteggerlo».

Quindi?

«Non voglio insinuare nulla: ma con la sicurezza che ha, stupisce sia stato colpito».

Ha sospetti, da ex pm?

«Beh, proprio da ex pm sono abituato ad attendere l'esito dell'indagine».

Qualcuno avrà aiutato Tartaglia?

«Bisogna chiarire se è andato là da solo, se qualcuno gliel'ha suggerito, se l'hanno lasciato fare...».

Pensa a mandanti morali?

«Ma no! Quelle su Di Pietro sono calunnie e falsità. Vorrei vedere se Tartaglia è stato agevolato o se qualcuno l'ha potuto istigare. Aspettiamo».

Dopo la bufera, Luigi De Magistris vuole «politicizzare», ricucire, relativizzare le differenze con Tonino Di Pietro raccontate sui giornali come l'ennesima rottura nell'Italia dei Valori, il segno della nuova Opa che ai primi di febbraio il delfino mai designato potrebbe lanciare contro il fondatore non più indiscusso, al congresso del partito. E tuttavia gli accenti sono diversi per quanto Tonino il Vecchio e Gigino il Giovane sembrano uguali, troppo uguali, anche nelle foto del 5 dicembre, al No Berlusconi Day, con le sciarpe viola al collo e il sorriso sgranato per i flash. «De Magistris è Di Pietro allo specchio» e lo metterà alle corde, prevede Alessandro Campi di FareFuturo. De Magistris da Bruxelles sbuffa, tossisce, s'è appena alzato dal suo scranno di eurodeputato, batte e ribatte sulla difesa della libertà del web:

«E' una anomalia italiana cercare di controllare la Rete prendendo a pretesto i soliti imbecilli»

Poi giura:


«Mi può non credere, ma io e Antonio non abbiamo avuto mai divergenze. Anzi, gli ho telefonato poche ore fa. Ci siamo detti: è paradossale che in tutta la faccenda sotto attacco ci finiamo noi».

Veramente ci fluisce lui. Lei ha fatto la figura del bravo ragazzo, condannando senza se e senza ma l'aggressione a Berlusconi.

«Io e lui non siamo fatti con lo stampone, non voglio dire chi è meglio. Ma le idee sono quelle: difesa della Costituzione e opposizione netta».

Di Pietro per cancellare l'ultima battaglia con lei aveva detto: «Siamo d'accordo su tutto, l'unica cosa è che non andiamo a letto insieme». Siete in quella fase?

«Ognuno ha il suo modo di esprimersi. Ma le idee sono quelle...».

Scusi se la interrompo. Di Pietro ha appena detto alla Camera che Fabrizio Cicchitto, capogruppo PdL, ha «condannato a morte» Travaglio, Santoro e tutti i presunti protagonisti della «campagna d'odio» contro Berlusconi. Condivide?

«Penso che Cicchitto usi parole da peronismo del Terzo millennio: lo scriva, noi non ci faremo intimidire».

Le chiedevo di Di Pietro. Condivide i toni del suo leader?

«Condivido sì, nel senso che nel PdL stanno cambiando le carte in tavola. Poi non sono abituato a mettere la firma su dichiarazioni degli altri. Ma le diversità, tra Di Pietro e me, sono ricchezza per l'IdV e il centrosinistra».

Lei parla in politichese, ma molti pensano che voglia far fuori Tonino.

«Falso».

Dunque al congresso sosterrà Di Pietro per la presidenza dell'IdV?

«Non ci sono alternative a Di Pietro. Io porterò nel partito le mie idee».

Per questo si è iscritto?

«Beh, non sono ancora iscritto».

Ma l'aveva dato per fatto...

«Il percorso dovrebbe essere quello, valuteremo con Di Pietro. Ma, scusi se insisto, vorrei che scrivesse che la mia posizione è sempre stata chiara su Berlusconi: condanna piena della violenza senza arretrare di un millimetro contro il peronismo».

Secondo lei Di Pietro pu nutrire rancori personali verso Berlusconi, magari dai tempi di Mani Pulite?

«Non penso, lo conosco. E poi siamo nel 2009. A quell'epoca ero un ragazzo...».

...che si sognava magistrato...

«Sì, la magistratura è il sogno di una vita».

Per questo non voleva mollare, neanche quando l'hanno eletta eurodeputato?

«Io e Di Pietro siamo tra i pochissimi che hanno lasciato la toga entrando in politica».

Di Pietro era infognato nelle inchieste di Brescia...

«Beh, sono storie diverse».

Andrebbe a trovare Berlusconi in ospedale?

«No. E una passerella».

Gigino il Giovane e Tonino il Vecchio, diversi ma uguali. Almeno un po'.

Luigi De Magistris, 42 anni, nato a Napoli, ha intrapreso la carriera di magistrato nel '95. Dal '98 al 2002 ha lavorato alla Procura della Repubblica di Napoli per poi passare come sostituto procuratore al Tribunale di Catanzaro. Nel 2009 lascia la magistratura e si candida alle elezioni del Parlamento europeo come indipendente nell'italia dei Valori di Antonio Di Pietro. Diventato europarlamentare, viene eletto presidente della commissione del Parlamento europeo preposta al controllo del bilancio comunitario.

martedì 8 dicembre 2009

Lettera aperta al capo del governo che "più di ogni altro ha fatto nella lotta alla mafia"

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Egregio sig. capo del governo che più ha fatto nella lotta alla mafia, le vorrei chiedere perchè ella, unitamente ai suoi ministri, millanta risultati nella lotta alla criminalità organizzata che non le competono.
Non le competono perchè ella, insieme ai suoi ministri, ha operato ed opera con «Molta propaganda, molti spot e pochissima concretezza»
Vediamo perchè, cominciamo con le Procure.
Alcune Procure sono prive sia del capo sia dei sostituti; altre hanno scoperture di organico anche del 60 per cento.
Alla Procura di Palermo, ad esempio, mancano ben 16 pubblici ministeri.
Se ella e il suo Governo, che più ha fatto nella lotta alla mafia, volesse garantire la sicurezza dei cittadini metterebbe Procure e Questure in condizioni di operare in modo dignitoso.
Se ella e il suo Governo, che più ha fatto nella lotta alla mafia, volesse prendersi dei meriti non saremmo al paradosso, ad esempio, di auto della polizia guaste e ferme in garage. Le riparazioni non si possono fare, mancano i fondi, non saremmo al paradosso di mancanza di carburante per i veicoli, di mancanza di toner per le fotocopiatrici, di mancanza della carta per redigere verbali, tanto che oggi stava per essere riciclato un documento storico, per quello che può importarle, l'ordine di servizio del 23 maggio '92, si, proprio quello del giorno della strage di Capaci dove persero la vita un magistrato, a cui non fu dato il tempo di diventare una toga "rossa", la di lui moglie, anch'essa magistrato, e i ragazzi della scorta: le ricordo quei nomi: Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro.
Scusi la divagazione sig. capo del governo che più ha fatto nella lotta alla mafia,torniamo al nostro discorso. I commissariati sono al collasso, con una sola volante a disposizione.
A rischio è la sicurezza dei cittadini. Alcuni poliziotti anticipano di tasca propria i soldi per piccole riparazioni alle vetture, pur di evitare di doverle lasciare in officina,
sarò più preciso, sig. capo del governo che più ha fatto nella lotta alla mafia, Roma e Napoli (500 auto ferme in garage), a Palermo il dato è allarmante: su 530 tra autovetture e moto assegnate alla questura, 140 sono ferme alla caserma Lungaro, nella sezione Motorizzazione. Dal guasto di pochi euro per una frizione fuori uso si passa anche a spese da mille euro per motori sui quali gravano migliaia di chilometri.
Le maggiori ripercussioni hanno investito i commissariati, che in media dovrebbero disporre di sette-dieci auto, a seconda dell'importanza dell'ufficio. Invece il 60 per cento delle macchine sono ferme.
A ogni turno dai commissariati esce sempre la stessa auto, con il risultato che i mezzi fuori uso alla Lungaro sono destinati ad aumentare. Questa è la situazione di Palermo, per esempio, quella Palermo dove ci sono stati gli arresti più clamorosi, di cui lei reclama il merito, effettuati dagli agenti che non solo operano in queste condizioni,che definire disagiate è poco, ma che lei neanche paga regolarmente, questi agenti hanno effettuato gli arresti perchè coordinati da quelle "toghe" che lei definisce rosse ma che sono insieme agli agenti i soli ad essere legittimati ad attribuirsene i meriti, non lei e neanche quei buffoni dei suoi galoppini.
Come risponde, sig. capo del governo che più ha fatto nella lotta alla mafia?
Tanto le dovevo...un cittadino che non si sente rappresentato da lei ne dal suo governo...

Aloi Calabrese

domenica 6 dicembre 2009

Per tutte le stagioni

di Marco Travaglio (da l'Unità del 07 novembre 2007)

In questo paese di smemorati selettivi, si può dire tutto e il contrario di tutto senza mai vergognarsi. Capita persino di sentire l’ometto che ha rovinato gli ultimi 5 anni di vita a Enzo Biagi raccontare la sua affettuosa amicizia con Enzo Biagi. E chi raccoglie le sue dichiarazioni, anziché sputargli in faccia ricordandogli il diktat bulgaro e gl’insulti dei servi sciocchi e furbi, le registra con freddezza anglosassone. Ricordate il pm Woodcock? Il 18 giugno 2006, nel salotto dell’insetto, Gianfranco Fini dichiarò che «in un paese civile quel pm avrebbe già cambiato mestiere». Quel pm era colpevole di avergli arrestato il portavoce, Salvatore Sottile, quello che faceva i colloqui orizzontali alle aspiranti veline alla Farnesina, tra stucchi e feluche, e di avergli intercettato la moglie Daniela, impegnata in vari traffici con la Regione per le sue cliniche. Bene, ieri il gip di Roma ha rinviato a giudizio Sottile per peculato: usava l’auto di servizio per mandare a ritirare la «merce», cioè le ragazze, e farsele portare in ufficio. E qualche mese fa Fini ha lasciato la signora Daniela, troppo impegnata nel ramo sanità. In un paese civile, almeno un giornalista che chiede a Fini se non intenda «cambiare mestiere» lo si troverebbe. Invece ha ragione Fini: non siamo un paese civile. Ricordate la Procura di Palermo? Un’ampia e variegata letteratura giornalistica, che va dal Foglio a Panorama, dal Giornale al Riformista, l’ha dipinta come un nido di vipere così impegnate a farsi la guerra fra “caselliani” e “grassiani” per trovare ancora il tempo di fare le indagini. Insomma, «il pool è morto» da quando a guidarlo non c’è più Piero Grasso, indegnamente sostituito da Francesco Messineo che ha addirittura deciso di avvalersi di tutti i pm antimafia, anche quelli defenestrati dal predecessore. Non s’è ancora asciugato l’inchiostro delle ultime paginate, ed ecco che il «pool morto» riesce a far arrestare il nuovo capo di Cosa Nostra, erede di Provenzano ma un filo più operativo del vecchio boss tutto pannoloni, dentiere e prostatiti. Sappiamo bene che le catture dei latitanti sono anzitutto merito delle forze dell’ordine, anche se quando fu preso lo Zu Binnu molti spacciarono l’operazione come il trionfo di Grasso, peraltro già a Roma da mesi in un ruolo: quello di capo della Procura nazionale, che non c’entra nulla con indagini e catture. Dunque, il merito della cattura dei Lo Piccolo è anzitutto della squadra catturandi della Questura. Si dà il caso però che si sia arrivati al boss grazie a un pentito, e che quel pentito sia stato «gestito» dal procuratore aggiunto Alfredo Morvillo, cognato di Giovanni Falcone, e dai sostituti Geatano Paci e Nico Gozzo, che la vulgata negazionista degli ultimi anni ha bollato come “caselliani”, dunque incapaci di acchiappare i «veri mafiosi». Gozzo, insieme a Ingroia, ha sostenuto l’accusa nel processo Dell’Utri, condannato in primo grado a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa (sentenza paragonata da esponenti della Cdl alle «rappresaglie dei nazisti in fuga»). E Paci è il pm che scoprì i legami di Cuffaro con il boss Guttadauro. Ma, siccome insisteva per contestare al governatore il reato di concorso esterno, mentre Grasso e altri preferivano il più blando favoreggiamento, fu estromesso su due piedi dal «suo» processo. Qualche mese fa, il presidente della commissione Antimafia, Francesco Forgione, gli diede il resto, respingendo la proposta dei Comunisti italiani di nominarlo consulente - part-time e a titolo gratuito - dell’insigne consesso parlamentare: questo Paci ­ spiegò - è una testa calda, uno che chiede addirittura la condanna dei suoi imputati, insomma uno da tenere a distanza. Ora sarebbe forse il caso che qualcuno chiedesse scusa a Paci, ma non succederà. Anzi, D’Avanzo ci spiega che la cattura di Lo Piccolo è «un successo che viene da lontano, da un’altra stagione giudiziaria». Diavolo d’un Grasso: riesce a catturare i latitanti anche dal suo ufficio a Roma! Altro che Messineo, Morvillo, Paci e Gozzo: è stato il superprocuratore che, con i suoi superpoteri, seguita a effondere i suoi balsamici effluvi su Palermo anche a migliaia di chilometri di distanza, anche per contrastare i malefìci dell’orrido Caselli. Qualche ingenuo domanderà: ma, se gli elementi per catturare Lo Piccolo eran già disponibili nell’«altra stagione giudiziaria» (cioè addirittura prima dell’arresto di Provenzano), perché lasciarlo libero fino all’altroieri? Ma che domande: per aumentare la suspence, no?

Fonte: l'Unità