giovedì 9 luglio 2009

Amicizie pericolose

LINK

Il pentito parla al processo per mafia contro il senatore di Forza Italia

"Servivano uomini fidati, così si decise di votare per Berlusconi"
Il pentito Antonino Giuffrè
"Dell'Utri vicino a Cosa nostra"

"I boss andavano ad Arcore per incontrare il Cavaliere"
Ghedini smentisce. L'imputato: "Perché parla solo ora?"

PALERMO - "Essendo il signor Dell'Utri una persona vicina a Cosa nostra e nello stesso tempo un ottimo referente per Berlusconi, era stato reputato come persona seria ed affidabile". Parola di Antonino Giuffrè, parola di pentito, parola dell'ex braccio destro del capo dei capi della mafia siciliana Bernardo Provenzano. Giuffrè ha deposto in video-conferenza al processo al senatore di Forza Italia accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e per la prima volta il superpentito dice chiaramente che l'ex numero uno di Publitalia e grande amico del presidente del Consiglio aveva rapporti con la mafia. E per questo, era considerato dalla cupola "persona seria e affidabile".

Affidabile per fare cosa? Per essere il nuovo referente politico di Cosa nostra. Durante l'interrogatorio l'ex braccio destro di Bernardo Provenzano ha ripercorso le tappe fondamentali della decisione della mafia di votare e far votare nel '94 per Forza Italia. Ecco le sue parole: "Verso la fine del '93 si comincia a muovere qualcosa di importante all'interno della politica nazionale. Si comincia a parlare della discesa in campo di un personaggio importante come Berlusconi. Queste notizie arrivavano dentro Cosa nostra e sono, per un periodo, motivo di dibattito e di valutazioni attente. Tutte le notizie venivano trasmesse a Cosa nostra".

"Si facevano anche delle indagini - ha proseguito Giuffrè dalla località segreta - per vedere se era un discorso che poteva interessare Cosa nostra e se eventualmente poteva curare quei mali che affliggevano da anni Cosa nostra e che erano stati causa di notevoli danni".

"Quali erano questi mali?", ha chiesto il pubblico ministero Antonio Ingroia. "Innanzitutto - dice Giuffrè - bisognava alleviare quella pressione che veniva esercitata dalle forze dell'ordine e dai magistrati su Cosa nostra, e in modo particolare, sulle dure condanne che cominciavano a piovere sulle nostre teste". Poi, la confisca dei beni. "Cosa nostra - ha detto il pentito - è molto legata ai suoi patrimoni perchè sono di importanza vitale". Un altro "male" che preoccupava i boss era la "necessità di alleggerire la pressione dei collaboratori di giustizia su Cosa nostra". Infine Giuffrè fa riferimento anche al carcere duro: "Bisognava cercare di toglierlo o quanto meno di alleviarlo".

Così fu presa la decisione. Fu il pentito Giovanni Brusca, a suggerire "che dovevamo appoggiare questa formazione politica (Forza Italia ndr), perché dava ottime garanzie". E' lo stesso pentito a ricordare di avere appreso dai boss Carlo Greco e Pietro Aglieri di "esponenti delle aziende di Berlusconi che si stavano interessando per creare un nuovo movimento politico e uno di loro era il signor Dell'Utri".

"A Cosa nostra - prosegue Giuffrè - interessava che il vertice del movimento politico assumesse delle responsabilità ben precise per fare fronte a tutti i nostri problemi, e a mettere uomini puliti che facessero gli interessi di Cosa nostra in Sicilia".

A questo punto, Giuffrè fa il nome del costruttore Gianni Ienna, "che era in contatto con Berlusconi, una persona affidabile". E prosegue: "Un'altra persona di cui si parlava spesso in quel periodo era Marcello Dell'Utri". Un'altra rivelazione destinata a sollevare polemiche riguarda Vittorio Mangano, lo stalliere che fu assunto nella villa ad Arcore di Silvio Berlusconi. Dice Giuffrè: "Quando Mangano fu assunto ad Arcore, sia Bontade (il bosso mafioso ndr) che altre persone, di tanto in tanto, si incontravano con Berlusconi, con la scusa di andare a trovare lo stesso Mangano". Rispondendo al pm Domenico Gozzo, che gli chiede da chi avrebbe saputo di questi presunti incontri, Giuffrè dice: "Me lo ha detto Michele Greco", il vecchio "Papa" della mafia. Sul punto, a stretto giro, arriva la smentita dell'avvocato Niccolò Ghedini: "Silvio Berlusconi - dice in un comunicato - non ha mai avuto alcun contatto, diretto o indiretto, tramite il senatore Dell'Utri, nei confronti del quale vengono mosse accuse del tutto infondate, con soggetti mafiosi per la costituzione di Forza Italia o per voti a favore di Forza Italia". Ma Giuffré rivela pure di un falso rapimento organizzato dalle cosche davanti alla villa di Arcore. "Un episodio - ha detto il pentito - che è stato organizzato per mettere paura a Berlusconi, in modo da esercitare una pressione indiretta per far assumere Vittorio Mangano".

Dell'Utri, presente in aula a Palermo ha detto: "Nei verbali, Giuffrè non aveva mai citato il mio nome. Perché le cose che ha detto oggi non le ha dette quando è stato interrogato dai magistrati? Quale 'simbiosi mutualistica', e uso due parole tanto care a Giuffrè, può essere accaduta? Non lo so". Gli avvocati di Dell'Utri definiscono le dichiarazioni del pentito "inutilizzabili", perché rese "dopo i sei mesi della collaborazione".

(7 gennaio 2003)

Nessun commento:

Posta un commento