mercoledì 29 luglio 2009

Miracoli aquilani part two


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di GIUSEPPE CAPORALE

In quasi tutti i 49 paesi colpiti dal sisma
i detriti non sono stati portati via

Scontro sindaci-Bertolaso
"Sulle macerie lavori a rilento"

Il sottosegretario: "A settembre chiuderemo le tendopoli,
non si può pretendere che faccia tutto la Protezione civile"


L'AQUILA - Le macerie del terremoto del 6 aprile sono ancora lì, in quasi tutti i 49 paesi colpiti dal sisma. Ferme da 113 giorni. Dopo la vicenda di Castelnuovo (riportata ieri da Repubblica), si scopre che anche in altri borghi gravemente danneggiati, la situazione è quantomeno simile, specie a Villa Sant'Angelo, Fossa, Sant'Eusanio e Tione degli Abruzzi (anche a causa degli ingenti danni). Ogni Comune dell'area del cratere, nel suo territorio, ha provveduto a pulire esclusivamente le vie d'accesso per la circolazione ed ha isolato la "zona rossa", lasciando così gran parte delle macerie al loro posto.

Alcune amministrazioni locali hanno anche predisposto siti temporanei per lo stoccaggio, ma i lavori, comunque, procedono a rilento. Non solo, all'Aquila - da giorni - è scoppiato un "caso macerie": la giunta guidata da Massimo Cialente ha affidato lo smaltimento di un milione e 500mila metri cubi di "rifiuti derivanti dai crolli connessi all'evento sismico", ad una sola ditta. Senza gara d'appalto. "Un business da 50 milioni di euro - accusa l'opposizione guidata dal capogruppo del Pdl, Gianfranco Giuliane - quanto meno sospetto per le procedure adottate". Dopo che la Guardia di Finanza ha acquisito gli atti della vicenda per approfondimenti, l'incarico è stato revocato.

E sulla vicenda "ricostruzione e macerie", ieri, è intervenuto anche il capo del Dipartimento della Protezione Civile, Guido Bertolaso: "Noi a settembre chiuderemo le tendopoli, riapriremo le scuole, ma non si può pretendere che faccia tutto la Protezione Civile. Anche le altre amministrazioni ed i cittadini si devono impegnare per affrontare i problemi e risolverli".

Questo ha risposto a margine dell'inaugurazione della strada per la funivia del Gran Sasso (risistemata dall'Esercito) alla presenza del ministro della Difesa Ignazio La Russa. Ed ha aggiunto: "La Protezione Civile ha emanato nei tempi stabiliti le ordinanze. Tocca però ad altri applicarle e ciò non sta avvenendo".

Secca e tecnica la replica del sindaco Cialente: "Al Comune dell'Aquila sono arrivati 20 milioni di euro, per far fronte alle domande di intervento delle case classificate A, B e C. Per le sole A, secondo le nostre stime ne servono 120. E poi: il prezziario regionale è incompleto; siamo sommersi da richieste di revisione per case classificate agibili. Ed i rimborsi per la ricostruzione leggera hanno procedure poco chiare".

Intanto l'1 agosto prenderà il via un censimento. Spiega Bertolaso: "Metteremo gli aquilani che sono ancora senza alloggio davanti a tre scelte: trasferirsi nelle case che stiamo costruendo, oppure andare ospiti presso parenti o amici. O andare in affitto in case che può trovare la Protezione Civile e si può eventualmente procedere a requisire le case sfitte".

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di Vincenzo Bisbiglia

Ricostruzione L'Aquila.
I cittadini devono anticipare i soldi


L'AQUILA - La ricostruzione dell’Abruzzo dopo il terremoto? Ci pensa lo Stato, con i soldi dei terremotati. Il cittadino de L’Aquila che vorrà effettuare i lavori di ristrutturazione ed in molti casi di ricostruzione della propria abitazione, dovrà infatti anticipare tutta la somma e, intanto, fare richiesta di rimborso al Governo che, quando questo sarà effettuato, provvederà a restituire la somma al netto dell’Iva.

Questo è quanto si evince dagli indirizzi per l’esecuzione degli interventi firmata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei Ministri, Guido Bertolaso.
Al punto 10 dell’ordinanza, infatti, alla voce “documentazione dei lavori eseguiti, si richiedono testualmente “documenti di spesa costituiti da: computo metrico estimativo redatto sulla base del prezziario regionale; fatture di pagamento; documenti attestanti l’avvenuto pagamento delle fatture (unico valido è la copia del bonifico, ndr)” ed inoltre “rapporto fotografico dello stato post-operam e delle fasi lavorative, con relativa planimetria in cui sia indicato il punto di vista di ciascuna immagine fotografica”. In definitiva, fai eseguire i lavori, paga l’architetto, gli operai, i permessi e quant’altro e, infine, fai “richiesta” per ottenere il “contributo” (al netto dell’iva, non dimentichiamolo).

Adesso proviamo a fare un po’ di conti e prendiamo il caso, uno dei tanti, di una palazzina de L’Aquila semidistrutta dal terremoto. Mettiamo il caso che i danni totali ammontino a circa 1 milione e mezzo di euro e che questa palazzina contenga sei appartamenti: ognuno dei proprietari dovrà anticipare allo stato la bellezza di 250mila euro, probabilmente di più del valore della casa se fosse andata sul mercato prima del sisma. Ciò vuol dire che i proprietari degli appartamenti, dopo essersi accollati un mutuo nel migliore dei casi ventennale per quello che è diventato un ammasso di macerie, dovranno contrarre altri debiti (semmai gli verranno concessi dalle banche) per ricostruirli.
Insomma, pian piano sta venendo a galla l’ennesima bugia del governo Berlusconi, l’ennesima azione populista di un presidente del Consiglio tuttofare che si spreca in allettanti parole dai salotti compiacenti della tv di Stato che imbroglia gli italiani e gli fa trovare queste “divertenti” sorpresine.

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di Anna

Di tetti sulla testa, ritardi ed indennizzi


Prima seduta ordinaria dopo il terremoto quella che si è tenuta ieri mattina presso l'aula del Consiglio Regionale, nel bellissimo palazzo dell'Emiciclo, sulla villa comunale di L'Aquila. Reso di nuovo agibile con poco lavoro. Ha esordito il Sindaco Cialente, rendendo finalmente noto a tutti ciò che i comitati cittadini vanno sbandierando dalla prim'ora: lo scellerato progetto C.A.S.E. non sarà sufficiente a mettere un tetto sulla testa a tutti gli sfollati. 12.500 i nuclei familiari che rimarranno senza casa per l'inverno. Fallimento ratificato, quindi: è stata ammessa la necessità di soluzioni abitative temporanee, in legno. Scempio compiuto, soldi intascati, terreno reso fertile per le associazioni mafiose, aree agricole rese per miracolo edificabili e cittadinanza disgregata fra tendopoli e alberghi. Una comunità annientata. Dopo quattro mesi in alloggi di fortuna, gli sfollati si sentono dire che avranno case temporanee. Non sarebbe stato il caso di approntare tali abitazioni per tutti e velocemente, in modo da tenere unita la comunità? Se così fosse stato, oggi, tutti saremmo nella nostra città, a minor prezzo per le tasche dei contribuenti. E' apparso chiaro che, se tutti avessimo agito, cittadini ed istituzioni locali, in coesione ed energicamente, e con decisione, forse, la Protezione Civile non avrebbe fatto di noi e dei nostri luoghi terra di conquista. Parlando di ricostruzione leggera, quella che vede le abitazioni rese agibili con lavori di medio e piccolo onere finanziario, i ritardi appaiono vergognosi. L'ordinanza del capo indiscusso dott. Bertolaso è stata firmata il 25 maggio. E' uscita il 6 giugno, ma le linee guida da intraprendere sono state rese note dall'alto solo il 23 luglio, pur decorrendo dal 6 giugno l'inappelabilità dei novanta giorni per la presentazione delle domande di contributo. A tutt'oggi, non è stato ancora designato un ufficio preposto a istruire tali pratiche. Di fatto, ancora nessuno ha iniziato a ricostruire, poichè i cavilli burocratici sono talmente macchinosi da disorientare anche il tecnico più scaltro. Se non ammanicato con chi di dovere, e dallo stesso indicato alla cittadinanza. La Regione Abruzzo non lavora insieme con il Comune di L'Aquila e, a tutt'oggi, non ha chiarito quanto sia stato stanziato, all'interno del piano finanziario, per il territorio aquilano e per le sue attività produttive. Quando Gianni Chiodi, presidente della Regione Abruzzo, ha preso la parola ed ha iniziato un breve quanto sterile excursus sulle vicende attraversate dalla popolazione aquilana, vicende che tutti gli astanti ben conoscevano, il dissenso fra i convenuti in sala si è reso palese. Il Chiodi, non amando, come il suo capo e maestro, chi non lo osanna, ha abbandonato il Consiglio, causando il successivo scioglimento dei lavori per mancanza del numero legale. E noi qui, ad aspettare che si decida delle nostre vite. Ci rendiamo conto che ci aspetta una battaglia di diritti. Una lotta per la difesa del nostro territorio, per sentirci ancora figli della nostra terra. E questo nonostante un governo che ci penalizza vergognosamente. E cerca di destabilizzarci.
Nel frattempo, oggi, a quasi quattro mesi dal sisma, è giunta per mio marito e per me la prima rata del danaro che ci ripaga per aver scelto la sistemazione autonoma. Riguarda il solo mese di aprile. Quel mese che ci ha visto dormire in automobile, e mangiare panini nei chioschi di fortuna. Il confortante importo è stato, per due, di ben centosessanta euro. E già, il terremoto ci ha distrutti il 6 aprile. Ci hanno decurtato i primi sei giorni. Cento euro a testa, diviso trenta, per ventiquattro : uguale ottanta euro. Stasera si va a ballare. Di questo passo, entro la fine dell'anno, ci avranno indennizzati con ben cinquecentottanta euro a testa. Pari a sei mesi di alloggio e vitto autonomi. Già vi ho parlato dei cinquanta euro giornalieri che uno sfollato in tenda o in albergo costa agli Italiani. Abbiamo fatto risparmiare allo stato ed ai contribuenti tutti 16.240 euro. Dicasi sedicimiladuecentoquaranta. Che non sono andati ad ingrassare albergatori compiacenti e vertici della Protezione Civile. Ci aspettiamo un applauso......

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di Emilia Urso Anfuso

La ricostruzione? La pagano i terremotati.
I rimborsi? Poi…


I primi inganni del Maxi Decreto N° 39/2009 sulla ricostruzione in Abruzzo, si palesano. Prima di tutto agli Abruzzesi, ed i Media nazionali continuano ad occultare notizie ed informazioni preziose a tutti i cittadini italiani, relativamente al post sisma. Si deve infatti riflettere su un punto. Se da un lato in questo caso abbiamo i protagonisti passivi del fatto – i terremotati – è necessario pensare che, ogni terremotato abruzzese potevamo o potremmo un giorno essere noi. Con la conseguenza di ritrovarci nelle stesse identiche condizioni dei nostro connazionali che attualmente hanno un bel da fare per far si che vengano riconosciute loro, dignità ed accuratezza delle operazioni di ricostruzione.

Il punto in questione, è la nota dolente relativa agli stanziamenti per la ricostruzione. Ricordo ai lettori che, pur con promesse verbali di ben otto miliardi per la ricostruzione in Abruzzo, da parte del mondo politico, la realtà dei fatti palesa – all’interno del Decreto in questione – una somma di circa cinque miliardi, da trovare e da utilizzare da qui al 2032. C’è poco da scialare e da dormire sonni tranquilli.

Questi stanziamenti appunto, sembra che dovranno intanto esser messi dagli stessi terremotati. Per intero. Che potranno poi, richiedere allo Stato il risarcimento delle somme utilizzate per ricostruire il proprio immobile distrutto dal sisma e tramite presentazione di una serie di documenti.

Appare incredibile ma nella sua bizzarria, questa è la realtà dei fatti. Il denaro promesso come si dubitava, non c’è nelle casse dello Stato, che forse sperava davvero in un extra gettito fornito da ulteriori giochi di fortuna, come gratta e vinci e simili, così come si legge nel Decreto N°39.

Nel documento firmato dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Guido Bertolaso, relativo alle norme per l’esecuzione degli interventi, si legge infatti che i cittadini dovranno presentare: “documenti di spesa costituiti da: computo metrico estimativo redatto sulla base del prezziario regionale; fatture di pagamento; documenti attestanti l’avvenuto pagamento delle fatture (unico valido è la copia del bonifico)” ed inoltre “rapporto fotografico dello stato post-operam e delle fasi lavorative, con relativa planimetria in cui sia indicato il punto di vista di ciascuna immagine fotografica”.

All’atto pratico, i terremotati dovranno prendersi cura a loro spese della ricostruzione dell’immobile disastrato, pagare quindi ogni fattura ed esibire poi la documentazione per intero, comprese fatture pagate e certificazione di agibilità da parte dell’Impresa edile costruttrice. Ed attendere poi, la restituzione degli importi pagati, ammesso che lo Stato sia poi in grado di aprire i cordoni della borsa al momento opportuno per risarcire tutti.

C’è da aggiungere peraltro, che molte persone che hanno subito gravi danni strutturali all’abitazione, stavano pagando – al momento del sisma – un mutuo proprio per pagare l’immobile acquistato. Con questa decisione quindi, non si fa altro che aggiungere danno al danno. In molti, hanno visto crollare in pratica, un debito da pagare. Oggi si ritrovano a pagarlo tre volte.

Questa nota dolente, va ad aggiungersi peraltro ad un’altra. Ad oggi, non è stato definito nulla di nuovo relativamente la decisione già presa relativamente al fatto che, i cittadini abruzzesi debbano riprendere a pagare regolarmente le tasse a partire da gennaio 2010. Appena otto mesi di tempo per respirare. In una regione in cui, moltissime attività commerciali, industriali e di servizi, sono ferme dal 6 Aprile, giorno del terribile sisma.

In altri casi, in altri terremoti, lo Stato ha garantito un lasso di tempo più ampio, proprio in virtù del fatto che, al disagio della distruzione non venisse fatto carico ai cittadini straziati dal sisma anche quello delle gabelle da tornare a pagare, prima ancora di riassestarsi economicamente attraverso la ripresa del lavoro.

Nel bailamme dei fatti e degli eventi che tengono incollati i cittadini italiani alla televisione ed alla lettura delle testate nazionali, grande è la confusione normativa e grande la non corresponsione di realtà alle garanzie date verbalmente.

Questo disastro naturale, sta svelando un disastro che promette di divenire ancor più grave. La totale mancanza di concretezza e sostegno da parte dello Stato nei confronti dei cittadini, che una volta in più, stanno vivendo una società aberrante che trascende le fondamentali necessità umane e da ampio respiro ad azioni nettamente contrarie in ordine di dignità e Democrazia.

Parlarne senza mai perdere il controllo della situazione, è un dovere che noi giornalisti non possiamo permetterci di dimenticare.

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