giovedì 4 giugno 2009

Appello Dell’Utri - Speciale Europee

di Federico Pignalberi
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Elezioni europee, 10 anni fa. Così Cosa Nostra votò Dell’Utri nel ‘99. Storia di una stravagante campagna elettorale.

"Dobbiamo dare aiuto a Dell’Utri, compare" spiega Carmelo Amato, picciotto e “postino” di Bernardo Provenzano, a Michele Lo Forte.

Siamo nel maggio del 1999. Carmelo Amato è il titolare di un’autoscuola palermitana molto particolare: l’autoscuola in cui gli uomini di mafia, quelli importanti, discutono le loro decisioni. "C’è stato un periodo – racconterà ai giudici il pentito Nino Giuffré – che il Provenzano, in linea di massima, i suoi appuntamenti li faceva a Palermo, in questa sede". Per questo motivo, nell’ambito dell’inchiesta denominata “incubo”, che mirava appunto alla cattura di Provenzano, i magistrati sommergono di cimici Carmelo Amato nella sua autoscuola e nella sua auto.

Le elezioni europee sono previste per il 10 giugno. All’inizio di maggio, "Enzo, il cugino di Ciancimino" va a trovare Carmelo Amato. Cosa gli abbia detto lo riferisce lo stesso Amato a Michele Lo Forte. Le microspie della Procura registrano la conversazione.

""Tanti saluti, tanti saluti, lo saluta il tizio... ” dice: “ma, ma purtroppo dobbiamo portare a Dell’Utri”. Compare, lo dobbiamo aiutare perché sennò lo fottono. Eh, compa’ – continua Amato – se passa lui e sale alle europee non lo tocca più nessuno!"

Lo Forte osserva che anche alla Camera, dove Dell’Utri è deputato, non lo toccherebbe nessuno. Ma Amato risponde che "è sempre bersagliato da qua", dai magistrati. La Camera, infatti, aveva appena negato l’autorizzazione all’arresto richiesto dal G.I.P. di Palermo per il “caso Cirfeta”. "Pungono sempre, compare" conclude Amato. " Minchia, questi pezzi di cornuti, compare" gli risponde Lo Forte.

Poche settimane più tardi, la sera del 22 maggio ’99, i due ne riparlano. "Si sta lavorando" spiega Amato a Michele Lo Forte, "ci dobbiamo dare aiuto a Dell’Utri". Quella mattina, Amato aveva continuato la sua propaganda, raccomandando Dell’Utri a Severino Gioacchino ("soggetto con il quale l’Amato era in rapporto confidenziale, anche in relazione a questioni di “cosa nostra”"), che gli aveva chiesto:
"Non si porta lui ora?"
"Si – gli ha risposto Amato – qua già si stanno preparando i cristiani". "Ma purtroppo ora a questo si deve portare in Europa".
E ancora, 28 maggio 1993, Giuseppe Vaglica chiede ad Amato: "Dobbiamo votare questo allora? Marcello Dell’Utri?"
"Si deve votare a lui se no lo fottono" gli risponde Carmelo.

Da notare come nelle conversazioni ricorra il “purtroppo”, segno che l’impegno elettorale nei confronti di Dell’Utri, scriveranno i giudici nella sentenza di condanna di primo grado a suo carico, "non teneva conto delle possibili, diverse scelte del singolo elettore di “cosa nostra”", ma era un impegno collettivo "maturato e deciso in seno al sodalizio criminale". Ma con chi è stato preso quest’impegno e quale contropartita metteva sul piatto Dell’Utri? In un’intercettazione ambientale risalente al 2001, il capo mandamento di Brancaccio, Giuseppe Guttadauro, dirà che "l’unica persona con cui parlava Dell’Utri lo hanno arrestato [si riferisce a Vittorio Mangano, all’epoca detenuto, nda], quello con cui Dell’Utri ha preso l’impegno, ca fù ddu cristiano, chistu Iachinu Capizzi ca era chiddu di sessant’otto anni". Gioacchino Capizzi, dunque, già ritenuto responsabile dello stesso mandamento comandato, tempo addietro, da Stefano Bontate. I giudici del Tribunale, nella sentenza, affermeranno che Dell’Utri, in quell’occasione, aveva confermato gli impegni già presi nel 1993 - 1994, "ed aveva preso personalmente ulteriori “impegni” politici con altro importante uomo d’onore". Capizzi, appunto.

La bizzarra campagna elettorale di Amato a Dell’Utri, imperniata sullo slogan "dobbiamo votarlo se no lo fottono", continua fino al 13 giugno, ultimo giorno utile per il voto. Obiettivo della propaganda di Carmelo Amato, stavolta, è Salvatore Carollo, figlio del più noto Gaetano.
"Totò, per chi devi votare tu?" chiede Amato.
"Per il polo voto io."
"E allora daglielo… daglielo a Dell’Utri il voto."
"Io siciliano sono come lo é lui... già questo era scontato!" rassicura Carollo.
"Ma – aggiunge Amato – io non ce l’ho... ma, onestamente, non è che ce lo voglio dare a lui onestamente. Io glielo do perché c’é un impegno per ora, eh, perché lo vogliono sfottere, hai capito?"

Marcello Dell’Utri diventerà Parlamentare Europeo. Oggi, a 10 anni di distanza, sarebbe legittimo chiedersi se ha mantenuto gli impegni che prese in quella stagione con Cosa Nostra. Secondo il boss Guttadauro, in un’intercettazione ambientale registrata nel corso dell’inchiesta “Ghiaccio 2”, da cui poi scaturirà quella su Totò Cuffaro, "Dell’Utri, si presentò all’Europee compreso Musotto, hanno preso degli impegni, dopo le Europee [...] non si sono visti più con nessuno." Anche se i giudici ritengono che, ai fini processuali, questa dichiarazione "non appare significativa" perché "quel che importa è che l’imputato la promessa […] l’avesse fatta".

Fu una stagione politica, quella del 99, "l’ennesima tessera di un mosaico" non ancora del tutto svelato, su cui sarebbe opportuno, alla vigilia delle prossime europee, fare qualche domanda ai diretti interessati. Supposto che si trovi prima un giornalista kamikaze. Immaginatevi la scena al Tg 1: "Presidente, scusi, come vi regolerete questa volta per evitare di ricevere di nuovo i voti della mafia?". Ma Berlusconi è ancora troppo impegnato a rispondere sulle minorenni. Un problema alla volta. Intanto andiamo a votare.

2 giugno 2009

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