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Cassazione: archivio Genchi da dissequestrare? Ieri sì, oggi no
Roma, 26 giu (Velino) - Il paradosso dell’archivio Genchi. Potrebbe essere un racconto fantasy se non fosse un frutto “normale” della bizantina giustizia italiana. Sono passate meno di 12 ore dal dissequestro dell’archivio dell’esperto in intercettazioni Gioacchino Genchi, deciso dalla Cassazione, che la stessa Cassazione, oggi, discute della possibilità di annullare il dissequestro. Come in un deja vu, oggi al Palazzaccio si è nuovamente discusso del ricorso della procura della Repubblica di Roma contro il provvedimento di dissequestro di una delle più consistenti banche dati frutto di intercettazioni, quella messa insieme nel corso degli anni dalla meticolosa attività di consulente per i pubblici ministeri svolta dal poliziotto in aspettativa Gioacchino Genchi. E mentre ieri il sostituto procuratore generale ha chiesto e ottenuto, dai giudici della quinta sezione penale, la conferma del dissequestro, oggi sempre il sostituto procuratore generale della Cassazione ha chiesto di annullare con rinvio la decisione del dissequestro.
Un paradosso spazio-temporale di quelli stile “Ritorno al futuro”? No, una semplice “catena” di procedimenti. Se ieri il dissequestro è stato confermato dai giudici della quinta sezione penale della Suprema Corte, oggi la richiesta di annullare il dissequestro dovranno valutarla i giudici della sesta sezione penale. La Suprema Corte è la stessa. Tutto si spiega, si fa per dire, con ragioni tecnico-processuali. La procura di Roma infatti aveva sequestrato più volte, in un certo senso, lo stesso archivio. Aveva cioè disposto il sequestro per reati diversi. Anzitutto per accesso abusivo a sistema informatico (in riferimento all’ingresso telematico di Genchi nell’archivio dell’Agenzia delle Entrate utilizzando la password del Comune di Mazara del Vallo per prendere notizie utili al suo lavoro di consulente dell’ex pm Luigi De Magistris). In secondo luogo i sigilli erano motivati con l’accusa di violazione della privacy. Queste due ragioni di sequestro erano state impugnate dalla difesa di Genchi al tribunale del riesame che, l’8 aprile, aveva ordinato il dissequestro perché, a suo parere, gli indizi a sostegno di quelle accuse non erano sufficienti (l’accesso non era abusivo ma concordato con la magistratura, la violazione della privacy non ha concretamente danneggiato nessuno perché i dati non sono stati utilizzati in modo improprio).
Ma gli inquirenti della Capitale, non paghi, hanno sequestrato l’archivio di Genchi anche per altre ragioni. In particolare, basandosi sulle accuse, sempre contestate al poliziotto esperto in “intercettaziologia”, di abuso d’ufficio e violazione della legge Boato per aver illecitamente acquisito i tabulati telefonici di parlamentari senza avviare la procedura per consentire al pm di chiedere l’autorizzazione alla Camera di appartenenza. Anche in questo caso la difesa di Genchi ricorre al tribunale del riesame che nuovamente annulla il sequestro: non rientrava nei compiti di Genchi chiedere l'autorizzazione per l'acquisizione dei tabulati dei parlamentari e inoltre le utenze in uso ad alcuni parlamentari avevano delle intestazioni fittizie e non erano, dunque, immediatamente riconducibili a loro. Questa decisione è del 16 aprile, otto giorni dopo la prima. Per la serie: altro giro, altra corsa e altro ricorso. Stavolta però i giudici del riesame entrano anche nel merito delle contestazioni, affermando che quei due reati contestati proprio non stanno in piedi. Un’iniziativa che, a parere della procura, era fuori luogo. Il riesame deve limitarsi a dire se il sequestro è fondato su presupposti validi e se è stato correttamente eseguito. Senza anticipare il giudizio su ipotetici capi d’imputazione futuri. Un motivo di ricorso che, oggi, la procura generale della Cassazione condivide, a differenza di quello di ieri, e dunque ha chiesto di annullare con rinvio il dissequestro. Si attende la nuova decisione che naturalmente annulla gli effetti della prima.
venerdì 26 giugno 2009
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