martedì 23 giugno 2009

La libertà di poter esprimere la propria opinione

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Piazze e popoli virtuali
La leadership aleatoria dei popoli mediatici
La televisione assorbe gran parte della domanda di informazione politica
Ma resta un mezzo usato per abitudine e per svago

E’ alta la domanda di informazione politica nel nostro paese: il 58,5% degli italiani si informa sui fatti della politica italiana “tutti i giorni o almeno una volta alla settimana”. Molto più alta la domanda di informazione fra i maschi (il 68%), che fra le donne (il 49,5%). E molto più alta fra gli adulti, con il 37-45%, fra i 35 e i 59 anni, che fra i giovani (20-25%) e gli anziani (34%).
Le ragioni dell’indifferenza verso l’informazione politica appaiono abbastanza nette. E’ la “mancanza di interesse” nel 66% dei casi, e la “sfiducia nella politica” nel 13,3%. Quali sono i canali, i mezzi, adottati da questa vasta domanda di informazione politica? Il canale totalizzante è la televisione, che ne intercetta ben il 93,7%, al secondo posto si trovano i quotidiani, fonte originaria e irrinunciabile dell’informazione politica, con il 52%, e al terzo la radio con il 31,8%. Svolgono poi un ruolo essenziale di circolazione dell’informazione sui fatti della politica italiana anche gli amici (22,8%, quarto posto), i parenti (15,8%, quinto posto) e i colleghi di lavoro (12,5%, settimo posto). Da sottolineare purtroppo la collocazione di partiti e sindacati in questo ambito d’elezione della loro funzione: i partiti sono al penultimo posto con l’1,8% e si sindacati all’ultimo con l’1,6%.
Ma nonostante questo ruolo attribuitole, come canale principale dell’informazione politica, al contrario la televisione continua ad essere accesa in maniera prevalente per “abitudine” (42,7%) e per “svago” (40,1%), e poi un po’ per “interesse” (33,3%) e un po’ per “compagnia” (20,4%). D’altronde, ormai il popolo televisivo e quello reale coincidono del tutto, l’uso della televisione rasenta il 99% della popolazione e se si confrontano, fra i due popoli, le composizioni per sesso, età, titolo di studio e condizione occupazionale si scopre che combaciano; la televisione raggiunge davvero tutti gli strati della popolazione, senza minacciarne o salvaguardarne alcuni in particolare. E nonostante la già ragguardevole diffusione, gli ascolti medi nell’intera giornata continuano ad aumentare, negli ultimi cinque anni sono cresciuti del 12% oltrepassando i 9 milioni, così come sono aumentate le ore medie di televisione viste nell’intera giornata, cresciute dell’11% ed arrivate quasi a 4 ore al giorno.
Pertanto il problema non è: televisione “sì” o televisione “no”, oppure “tanta o poca”, bensì televisione “soltanto, esclusivamente”, o televisione “anche”, insieme agli altri media a disposizione. In Italia il 9,1% della popolazione, pari a 4 milioni e mezzo di persone, sul piano mediatico vive una situazione di quasi assoluto isolamento, perché vede solo ed unicamente la televisione. Ed il 37,5%, ossia 18 milioni e 400 mila, oltre alla televisione, vedono poco altro, raramente leggono un quotidiano e un po’ più spesso ascoltano la radio; non leggono mai, o quasi mai, un libro, né sanno cosa sia internet. Sommando questi due dati si raggiunge il 46,6% della popolazione, che vive quindi in una sorta di solitudine televisiva, abbastanza precaria come dieta mediatica, se non forse tossica.

Questi sono alcuni dei risultati del lavoro di ricerca “Piazze e popoli virtuali. La leadership aleatoria dei popoli mediatici” realizzato nell’ambito dell’iniziativa Un mese di sociale “Leaders senza popolo. Popolo senza leaders”, e che vengono presentati oggi al Censis dal Direttore Giuseppe Roma, da Raffaele Pastore, curatore della ricerca, e da Giuseppe De Rita, Segretario generale del Censis.

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Pressing del partito democratico: "L'inchiesta di Bari non viene trattata"
Il presidente Rai al direttore della testata: "Completezza e trasparenza"
Critiche al Tg1, interviene Garimberti
Minzolini attacca in video- Il Pd: "Incredibile"

Il direttore nella edizione delle 20: "Non sono notizie, solo strumentalizzazioni"

ROMA - Dopo le polemiche e le critiche, il direttore del Tg1 Minzolini interviene in diretta al Tg1 per giustificare la sua scelta: e cioè il black-out sull'inchiesta di Bari e sulle frequentazioni del premier Berlusconi, su tutti i giornali del mondo per il suo incontro con una squillo e la disinvolta gestione degli ingressi a Palazzo Grazioli e Villa Certosa.

"Ad urne chiuse voglio spiegare a voi telespettatori perché il Tg1, malgrado le polemiche, ha avuto una posizione prudente sull'ultimo gossip o pettegolezzo del momento: le famose cene, feste o chiamatele come vi pare, nelle dimore private di Silvio Berlusconi a palazzo Grazioli o Villa Certosa" ha detto Minzolini. "Il motivo è semplice: dentro questa storia piena di allusioni, testimoni più o meno attendibili e rancori personali non c'è ancora una notizia certa e tantomeno un'ipotesi di reato che coinvolga il premier e i suoi collaboratori".

VIDEO: L'INTERVENTO DI MINZOLINI

"Accade -ha detto Minzolini- che semplici ipotesi investigative e chiacchericci si trasformino in notizie da prima pagina nella realtà virtuale dei media o per strumentalizzazioni politiche o per interessi economici.

E' avvenuto in passato, come ricorderete, quando si tentò di colpire il presidente del consiglio di allora strumentalizzando la foto che ritraeva un suo collaboratore in una situazione definita scabrosa. E' accaduto più volte -ha continuato - in queste settimane in cui è stata messa sotto i riflettori la vita privata del premier in nome di un improvviso moralismo: abbiamo visto addirittura celebri mangiapreti vestire i panni di novelli Savonarola".

"Queste strumentalizzazioni, questi processi mediatici, non hanno nulla a che vedere con l'informazione del servizio pubblico -assicura Minzolini- Nella settimana in cui gli Stati Uniti hanno scelto le nuove regole per proteggere il risparmio nel mondo, mentre esplodeva il caso Iran, e alla vigilia del G8, sarebbe stato incomprensibile privilegiare polemiche sul gossip nazionale solo per scimmiottare qualche quotidiano o rotocalco. Questa è la linea editoriale del Tg1 che vi ho promesso, cari telespettatori, fin dal primo giorno. E che continuerò a garantirvi".

La convocazione di Garimberti. Questa mattina il presidente della Rai Paolo Garimberti aveva convocato il direttore: in un colloquio durato 20 minuti aveva ricordato a Minzolini che "completezza e trasparenza dell'informazione sono un dovere imprescindibile del servizio pubblico radiotelevisivo". Ma nell'edizione delle 13.30 del primo telegiornale delle reti pubbliche, l'inchiesta che domina le prime pagine della stampa nazionale e internazionale non era comparsa nei titoli.
C'era stato un un servizio, il quinto del telegiornale - dopo referendum, Iran, maltempo e treno merci deragliato - puntato sulle precisazioni dell'avvocato di Tarantini, l'imprenditore della sanità indagato, dove si fa solo una volta, verso la fine, il nome del presidente del Consiglio, mentre per il resto ci si riferisce genericamente ai "piani alti del potere". La situazione non cambiava molto nel Tg della 20. Minzolini ha affidato il servizio a un inviato di primo piano, Pino Scaccia. Per poi comparire in video e giustifcare le sue scelte.

L'opposizione: "Incredibile". "Incredibile. Augusto Minzolini è l'unico direttore di giornale e di telegiornale del mondo occidentale - dice Paolo Gentiloni (Pd) - a considerare 'non notizie' le notizie che da settimane coinvolgono il presidente del Consiglio Berlusconi". "Si resta allibiti - conclude - del fatto che questa sua teoria Minzolini l'abbia voluta esporre di fronte a milioni di telespettatori. Al Tg1 e in Rai non si era mai vista una cosa del genere".

(22 giugno 2009)

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