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Di Rachel Donadio
[The New York Times]
Roma - Ho ricevuto una telefonata la scorsa settimana da un amico italiano, un reporter investigativo. Aveva appena parlato con un magistrato italiano che voleva sondare una teoria. Il magistrato si chiedeva - in tutta serietà - se il mio recente articolo sul New York Times sulla vita personale del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi potesse essere una prova che il sindaco Michael R. Bloomberg, invidioso dell’impero mediatico di Berlusconi, mi stesse usando per smontare il Presidente del Consiglio.
Il mio amico ha rapidamente e giustamente scartato la teoria per quello che era: insensata. Ma il fatto che fosse stata avanzata da un rispettabile magistrato vi dice quasi tutto quello che avete bisogno di sapere su come funziona il potere in Italia. La dice lunga anche sul successo inarrestabile di Berlusconi, un fenomeno tanto strano per gli americani quanto lo sono le leggi sul conflitto di interessi per gli italiani.
Gli americani si chiedono da sempre come l’Italia possa continuare a votare Berlusconi, i cui problemi legali -per non menzionare le recenti minacce di divorzio da parte della moglie e le sue accuse di flirt del marito con donne molto giovani- avrebbero rovesciato i governi da qualsiasi altra parte.
Ma gli italiani non sempre vedono le cose in questo modo. In Italia, l’abuso d’ufficio è una sorta di concetto astratto, nonostante un tribunale italiano stia ora investigando se Berlusconi l’abbia commesso quando ha utilizzato aerei del governo per trasportare ospiti, inclusi un cantante napoletano e una ballerina di flamenco, a feste di gala nella sua villa in Sardegna.
Berlusconi ha liquidato tutto ciò, come ha fatto con tutte le altre accuse di scorrettezze, come una campagna contro di lui organizzata da magistrati e giornalisti di sinistra. A suo avviso, vogliono screditare la sua coalizione di centro-destra in vista delle elezioni di questo weekend per il Parlamento Europeo, che ancora una volta si aspetta di vincere.
Sebbene largamente fuori dall’obiettivo nel mio caso, la teoria del magistrato su Bloomberg non è del tutto insensata. Berlusconi la scorsa settimana ha ipotizzato in un’intervista che il Times di Londra avesse pubblicato editoriali critici su di lui perché di proprietà di Rupert Murdoch, proprietario di Sky ovvero il più grande attore nel mercato della TV italiana via cavo dopo Berlusconi.
In Italia, questa è ordinaria amministrazione. L’opinione generale è che tutti usano i mezzi a propria disposizione per combattere i propri rivali.
La vera questione qui è che l’Italia non è una meritocrazia. E’ una società feudale molto evoluta in cui ognuno è visto, ed inevitabilmente è, il prodotto di un sistema, o di un protettore. Durante gli anni del dopoguerra, i democristiani appoggiati dagli americani, i comunisti appoggiati da Mosca e i socialisti orientati al mondo del business avevano le proprie reti di politici, banchieri, avvocati, e i propri organi di stampa. Quel sistema di patrocinio corrotto è crollato con la fine della guerra fredda e con un enorme scandalo di tangenti.
Oggi non ci sono né ideologie né reti; c’è solo Berlusconi, e si può essere con lui o contro di lui. In confronto al vecchio ordine, la classe politica di Berlusconi è vista come una forza modernizzatrice. I rivali di Berlusconi lo accusano di essere sul lato sbagliato della legge e lui a sua volta accusa loro di essere sul lato sbagliato della storia. Queste due cose non dovrebbero escludersi a vicenda, ma spesso lo fanno. I membri della sinistra italiana sono stati in lotta interna sin dal crollo del Muro di Berlino e sono così deboli e inefficaci oggi che alcuni in questa terra di teorie intricate di cospirazione sono convinti che Berlusconi li stia pagando.
L’Italia è profondamente confusa per gli americani, che sono immersi in concetti quali dire la verità per governare e inseguire il denaro, cresciuti nella terra del “Si possiamo”, non del “Mi dispiace, signora, questo è impossibile”. Nella logica capovolta dell’Italia, il controllo senza rivali di Berlusconi sui settori pubblico e privato e sui media non lo fanno apparire compromesso. Al contrario, i suoi seguaci lo vedono abbastanza ricco da poter essere indipendente. Come mi ha detto un romano della classe operaia non molto tempo fa, pieno di ammirazione, “è così ricco che non aveva nemmeno bisogno di mettersi a fare politica”.
In Italia, quando i giornalisti fanno domande del tutto legittime sullo stato legale e la vita personale del leader di un paese del G8, o persino quando chiedono perché l’Italia non sembra importarsene delle risposte, sono inevitabilmente accusati di insultare Presidente del Consiglio o di essere le pedine di interessi più grandi.
In Italia, il presupposto generale è che qualcuno è colpevole finché non provato innocente. I processi, nella stampa e nei tribunali, riguardano più spesso la difesa dell’onore personale che stabilire i fatti, che sono facilmente manipolati. A volte mi chiedo cosa ne pensa dell’Italia Papa Benedetto XVI, che ha inveito contro la “dittatura del relativismo” secondo la quale equiparare tutte le credenze porta al nichilismo. In Italia l’informazione è usata non per chiarire, ma per annebbiare.
Come altro interpretare la raffica di materiale largamente contraddittorio emerso dalla stampa nelle settimane recenti, su come Berlusconi abbia incontrato Noemi Letizia, alla cui festa di 18esimo compleanno il Premier ha partecipato ad Aprile, un atto che ha fatto talmente infuriare sua moglie, da molto lontana dai riflettori, che con la sua minaccia di divorzio è ora diventata il leader di opposizione de facto? In assenza di una storia chiara e coerente, l’unico standard di prova diventa la lealtà personale.
Noemi Letizia la scorsa settimana ha dichiarato in un’intervista di essere arrabbiata perché il suo nuovo fidanzato aveva fatto un provino per il reality televisivo “Grande Fratello” senza chiederle il permesso. Nel reality che è l’Italia di oggi, Berlusconi è il palese vincitore. I suoi rivali stanno facendo poco più che lanciare pomodori sul palco. L’attore sta mostrando segni di stanchezza ma il pubblico è incollato ai propri posti. Dopo di lui, il diluvio [in francese nel testo, N.d.T.].
(7 giugno 2009)
domenica 14 giugno 2009
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